Quando si parla di Roberto Saviano si pensa sempre alle grandi inchieste, alle grandi storie dei clan. Ai morti ammazzati, alla violenza del codice malavitoso. Insieme a Teresa Ciabatti, invece, si percorrono nuove strade. Si arriva in profondità di un nuovo sentimento: il sentimento dell’amore. Saviano infatti ha parlato di mafie perché è cresciuto in quell’orizzonte. È stato puro istinto indagare il mondo dei boss. Con lo sguardo di chi ha vissuto quella realtà, che conosce quel codice perché si è immersi in esso. Poi c’è l’ambizione. La convinzione di trovare una chiave per raccontare. Uno stile per rendere queste storie universali, potenti, interessanti; per far conoscere. Teresa Ciabatti, invece, non conosce niente di quel mondo. Riesce ad intervistare Misso proprio per questo, perché appare al boss come una casalinga innocua. Lei non conosce Napoli, sbaglia tutti i codici mentre incontra il suo interlocutore. Ma ancora una volta questo è utile, perché alla fine quello che le interessa è il materiale di scarto. Alla scrittrice non interessano le trame, i giochi di potere, le violenze, ma il materiale inutile per le indagini: lo sfondo su cui si muovono i personaggi, la vita, le contraddizioni quotidiane, i sentimenti manipolati. Un materiale che di solito vuoi che ti sfugga perché ti interessano solo i fatti. Ma qui abbiamo i sentimenti. Saviano recupera il sentimento della bontà dalla lettura di Grossman, che ad un certo punto non crede più nella giustizia ma crede solo nella bontà. Perché è un sentimento che si può esprimere subito, immediato, occhi negli occhi. Non si vive bene quando si è sempre diffidenti. E, partendo da questo disagio e dalla necessità di credere nella bontà, lo scrittore riprende la storia di Rossella Casini, una giovanissima ragazza uccisa dalla 'Ndrangheta. Attraverso questo personaggio riscopriamo l’amore, ritroviamo una luce che stavamo cercando in mezzo alle tenebre. Anche se questo ucciderà Rossella. Lei è così convinta del suo sentimento, potente e indomabile, che sfida il mondo malavitoso che circonda il suo consapevole fidanzato. Nel libro della Ciabatti, invece, l’importante è avvicinare il male, procurare una sensazione di fastidio e ombra. Ma è descritto il tramonto di un boss; un tramonto triste che fa provare al boss un dolore grande: nessuno vuole più ucciderlo. I ruoli si capovolgono e i capimafia fanno i conti con la propria esistenza: vivono da traditori perché parlano, ma lo fanno perché non vogliono morire soli in carcere. Vogliono recuperare l’ultimo spazio di vita che possono permettersi, non importa se al prezzo dell’infamia. Alla fine dell’esistenza si può cambiare prospettiva. Possono arrivare il fallimento e la debolezza, se non valgono più potere, denaro e affermazione di sé. Si prova fastidio a ricordare quelli che si sono uccisi, è un sentimento troppo personale; si ricordano solo gli innocenti, uccisi per sbaglio.
La morte continua ad essere, nonostante tutto, un atto privatissimo. Nella storia di Rossella, nella sua scelta d’amore, si rivela anche il completo cambio di prospettiva di Saviano. Dal momento in cui uno ama non si può più tornare indietro. Tutto appare diverso, incompleto, senza però capire di chi sia davvero la mancanza che si avverte. Con Rossella tutto questo è messo in pratica. Il suo amore è una forza talmente grande che mette a rischio il potere della mafia. Un potere che la uccide, la cancella, la umilia. Diventa, quindi, sull’amore. Ma di una sensibilità straordinaria. Perché quando ami cambi e ti metti in una posizione di conoscenza superiore. E ciò che hai provato nessuno te lo può portare via.