Michelangelo Pistoletto, artista tra i più significativi del panorama italiano, ricorda l’occasione in cui conobbe la gallerista americana Ileana Sonnabend.
Siamo nel 1963: Pistoletto vive a Torino ed espone sotto contratto con un gallerista che non apprezza le sue opere più recenti. Per caso si reca a Parigi, dove incontra Sonnabend. Durante un viaggio in macchina, la gallerista nota un quadro escluso dalla mostra e chiede di poterlo tenere. Scoperto che a Torino quelle opere non erano valorizzate, decide di acquistare l’intera esposizione e di portarla negli Stati Uniti.
Da lì, i lavori di Pistoletto entrano a far parte del contesto newyorkese della pop-art. Dopo la Biennale di Venezia del 1964, che consacra quel linguaggio, l’artista si trova davanti a un bivio: trasferirsi in America, rischiando di smarrire la propria identità europea, oppure rimanere fedele alle proprie radici.
Sceglie di distaccarsi dalla pop-art, convinto che i suoi quadri specchianti fossero percepiti come prodotti consumistici, ripetibili all’infinito come un marchio di fabbrica. Nasce così la serie Oggetti in meno, in cui ogni opera è unica, un tentativo consapevole di affermare la diversità e l’irripetibilità.
Nello stesso periodo, in campo scientifico, quattro fisici cercano una soluzione al problema del modello standard delle particelle elementari. Ipotizzano l’esistenza di un campo che distingua la forza elettromagnetica da quella debole. La loro intuizione, inizialmente ignorata, sarà confermata decenni dopo con la scoperta del campo scalare di Higgs, che valse il Nobel ai due scienziati ancora in vita.
Arte e scienza condividono la necessità di rischiare, di affrontare decisioni radicali per aprire nuove strade. Non a caso, nel 2024, Guido Tonelli e Michelangelo Pistoletto si incontrano alla grande mostra dell’Arte Povera alla Bourse de Commerce di Parigi, dando vita a una conversazione stimolante su ciò che l’artista aveva intuito con i suoi quadri specchianti.
Per Pistoletto, lo specchio è la formula artistica che condensa in immagine ciò che la scienza descrive con le equazioni. Nei suoi lavori lo spazio-tempo si riflette come un campo in cui energia e materia si oppongono e si determinano a vicenda. La superficie specchiante diventa così il luogo della connessione tra arte e vita, della ricerca di sé e del continuo mutamento.
Ogni immagine che nasce nello specchio muore nello stesso istante: è l’attimo che si dissolve, testimonianza visibile dell’infinito.