Nino è un giovane che si ritrova a combattere la Seconda Guerra Mondiale. L’8 settembre 1943, dopo l’armistizio, Nino è convinto di poter tornare a casa dalla sua famiglia, dall’amata Maria Assunta, in Sicilia, e invece il treno su cui si trova lo porta in un campo di prigionia tedesco, dove passerà un lungo periodo in condizioni terribili. Nino è un ragazzo timido e non vede speranze per il suo avvenire nella condizione di detenzione in cui si trova. Tuttavia, con l’aiuto e l’incoraggiamento dell’amico Lorenzo, Nino scappa dal campo e intraprende un duro viaggio di otto mesi per ritornare a casa. Questo viaggio viene intrapreso in quel periodo da circa ottocentomila ragazzi e purtroppo la maggior parte di loro non riesce a tornare nel proprio paese. Nino invece riesce a sopravvivere.
Antonio Albanese ricorda così la figura dello zio Nino, uomo da lui molto ammirato, che si dimostra con il nipote una persona positiva, felice e gioiosa. Nel suo primo romanzo, Albanese vuole raccontare proprio il lungo viaggio dello zio, che si configura come una storia di formazione, di crescita, che il protagonista intraprende per passare dalla condizione di ragazzo a quella di uomo, attraversando una serie di dure prove, che lo rendono più consapevole del mondo in cui vive.
Le tre parole più ricorrenti nel romanzo di Albanese sono “paura”, “fame” e “pane”, parole che effettivamente caratterizzano il viaggio di Nino, che per sopravvivere è costretto a bere acqua dagli stagni e a cibarsi di lumache. L’unico termine ripreso dal dialetto siciliano che si trova nel testo è proprio “babbaluci”, parola che potrebbe derivare etimologicamente da un termine greco, che si traduce con “piccolo bufalo”, e da uno arabo, che indica proprio la “lumaca”. Tuttavia il sostantivo si potrebbe ricollegare anche alla parola “luce”, nell’accezione di “sentiero tracciato, percorso”, come la scia lasciata dalla lumaca, e dunque potrebbe rappresentare la parola chiave nella vicenda di Nino. Nel suo viaggio Nino soffre inoltre per la grande paura, per la consapevolezza di non potersi fidare di nessuno, ma di poter contare solo sulle proprie forze. Si rende conto che tutti sono contro di lui, nonostante lui non abbia fatto del male a nessuno, e questo lo porta addirittura ad essere affetto da mutismo, da un esaurimento orale.
Nonostante la grande sofferenza presente in questo viaggio, però, Albanese ritiene che esso sia un inno alla gioia, per il solo fatto di essere in mano ad un giovane come Nino. Da questo l’autore trae una riflessione generale sui giovani del nostro tempo, da lui ritenuti meravigliosi, pieni di forza e potenzialità, di gioia di vivere. Giovani come Nino, pronti al sacrificio e alla fatica per raggiungere i loro obiettivi, pieni di gioia nei confronti della vita.