06 | 09 | 2025

"Chi sono i veri selvaggi?"

La riflessione di Michel Jean su identità popolare, stili di vita diversi e sui rischi del loro sfruttamento e distruzione

Almanda è una ragazza irlandese della seconda metà dell’Ottocento, nata in una famiglia povera, che parte con i genitori per cercare maggiore fortuna in America. Il viaggio risulta però fatale per i genitori della giovane, che muoiono uno durante, l’altro dopo il tragitto. Rimasta orfana, Almanda va ad abitare dagli zii, ma anche loro sono molto poveri e la ragazza si sente intrappolata, non vede possibilità per il suo futuro in un contesto così decadente. La vita di Almanda cambia grazie all’incontro con Thomas; la voglia di libertà e la curiosità di scoprire il mondo portano Almanda a partire per seguire il ragazzo e il suo popolo nomade nelle regioni artiche dell’America settentrionale, gli Innu, da cui è accolta benevolmente.

Dalla descrizione delle abitudini di questo popolo quasi sconosciuto parte la riflessione di Michel Jean, che rievoca la figura della bisnonna Almanda, ne ricorda l’audacia e l’intraprendenza, per raccontare il destino conosciuto dagli Innu, sottoposti a quello che si può definire genocidio culturale.

Gli Innu sono un popolo profondamente legato alla natura: vivono sulla riva di un grande lago, circondato da un enorme bosco, e hanno un rapporto intimo con questi luoghi. L’uomo non domina sulle altre forme di vita, che hanno pari dignità: l’unico motivo per cui gli Innu uccidono alcuni animali è la sopravvivenza. Gli animali cacciati sono celebrati come se si fossero sacrificati per gli uomini, e ricevono tutti gli onori. Gli Innu sono dunque cacciatori, pescatori e raccoglitori; sviluppano un proprio sistema sociale efficace per la convivenza pacifica: un sistema privo di gerarchie, che dà la medesima importanza a uomini e donne per il mantenimento di un ordine interno. Nella lingua Innu non esistono il maschile e il femminile; gli interlocutori si prendono il tempo per descrivere le cose con calma e precisione, attingendo alla loro grande quantità di vocaboli - più ricca, in questo aspetto, dell’italiano, del francese e di molte altre lingue.

Questo popolo pacifico, tuttavia, è rapidamente annientato dai pregiudizi culturali e dalla volontà di sfruttare industrialmente qualsiasi risorsa: la cultura Innu è malvista; i bambini iniziano ad essere deportati e rieducati, con lo scopo di cancellare la loro eredità e lo stile di vita nomade. Questa pratica finisce per annientare le nuove generazioni Innu, ormai molto diverse dal loro popolo di appartenenza. Presto, inoltre, le risorse del territorio Innu iniziano ad essere sfruttate da “invasori”, che finiscono per distruggere il paesaggio e alterare le abitudini dei nomadi: gli alberi sono tagliati, il fiume deviato, i pesci uccisi. Gli Innu tentano di resistere, ma il loro è uno scontro impari: uomini contro macchine. E purtroppo questo fenomeno di sfruttamento da parte dei popoli ingiustamente definiti “più evoluti”, è continuamente presente nella storia. La domanda che ci potremmo porre a questo punto, però, è la seguente: chi sono i veri selvaggi?