06 | 09 | 2024

Classe: scrittore.

Come raggiungere il castello di un mago malvagio in sicurezza

Qual è la ricetta per una sessione di Dungeons and Dragons da svolgersi davanti al pubblico di un festival letterario?

(caricamento...)

Cinque autori che più diversi non si potrebbe come giocatori: Carolina Bandinelli, Matteo Corradini, Vincenzo Latronico, Licia Trioisi e Ade Zeno. Qualcuno di loro non ha mai giocato di ruolo in vita sua, ed è pronto a farlo per la prima volta davanti a un pubblico pagante.

Un dungeon master d’eccezione a guidarli: Francesco Lancia, conduttore per Radio Deejay del progamma Dungeons & Deejay.

(caricamento...)

Un’aula magna di piena di persone, ognuna delle quali ha scannerizzato un QR-code che la trasforma, per la serata, in un enorme dado, in grado di determinare il successo delle azioni dei cinque giocatori.

Una versione alleggerita del regolamento tradizionale, che renda la sessione fruibile e divertente per gli osservatori. È lo stesso Lancia ad ammonire gli spettatori che si sono presentati con la maglia di DnD: «vi dico già che quello che vedrete a livello di regolamento non vi piacerà».

Lancia dice subito: «Giocare di ruolo è due cose: raccontare una storia e divertirsi facendolo». Non si può che aspettarsi una bella campagna se giocata da cinque scrittori, dunque. Tanto più che, invece di compilare fantasiosamente la scheda personaggio a inizio sessione, Lancia li informa del fatto che interpreteranno sé stessi: classe scrittore, l’ha inventata lui.

(caricamento...)

Li invita dunque a indicare i punteggi di forza, destrezza, costituzione, intelligenza, saggezza e carisma che reputano li descrivano meglio. Davanti a prove di modestia o di grande fiducia in sé, il pubblico ride; e anche durante la campagna è sempre coinvolto e, se si distrae, rischia di trovarsi convocato a controllare velocemente il proprio telefono per comunicare alla sala il punteggio del dado di uno dei giocatori, se non a dare idee che mandino avanti la storia. Ci si ritrova molto facilmente a fare comunità, a esultare tutti insieme per il punteggio massimo letto da una bambina, magari quando l'azione per cui i giocatori avevano tirato il dado non era poi tanto importante...

I fatti, dunque, per come sono stati collettivamente inventati: Bandinelli, Corradini, Latronico, Troisi e Zeno si ritrovano in una taverna piena di gente ma innaturalmente silenziosa, presidiata da un oste che sembra più morto che vivo. Si guardano intorno, bevono un po’ di birra e scoprono di essere stati trasportati in quel mondo fantastico per liberarlo da un potente tiranno che ha vietato tutti gli incantesimi (degli altri, naturalmente). Più di un gruppo di eroi è già morto nel tentativo, e la loro piccola squadra – scopre suo malgrado Troisi – è stata scelta in modo del tutto casuale. I cinque si avviano dunque a indagare e incontrano un uomo anziano arrabbiato col mondo, che vive ancora del ricordo della sua ex, tale Gimelda, identica nell’aspetto a Bandinelli: che subito, da autrice delle Postromantiche quale è, si lancia nel cercare di capire la dinamica della loro relazione e le ragioni per cui si è conclusa. Il gruppo si organizza per partire alla volta del castello del tiranno («in sicurezza?» prova a proporre uno degli eroi senza macchia), ma non tutto è come sembra...

(caricamento...)

Travestimenti, bevute, bugie, nomi storpiati (Gimelda diventa inevitabilmente gmail), tiri sfortunatissimi e incidenti evitati per un pelo: gli improvvisati eroi conquistano innanzitutto il loro pubblico, mentre insieme al master Lancia costruiscono una storia. Ed è Lancia alla fine a invitare quanti del pubblico non abbiano mai giocato a Dungeons and Dragons a provare: provare a giocare di ruolo, e anche provare a fare i dungeon master, e vedere una storia «bella come questa, ma anche più bella di questa» emergere mentre sono seduti intorno a un tavolo con gli amici.