04 | 09 | 2025

Corpi, case e assenza: anatomia di coppie contemporanee

Nel dialogo tra Eleonora Daniel e Riccardo Meozzi, l’amore contemporaneo si racconta attraverso le sue fratture. La casa, il corpo, il matrimonio diventano metafore vive di un legame che nasce già con in sé il seme della sua fine.

I rapporti sentimentali cambiano, si trasformano, e spesso finiscono per non riconoscersi più nei corpi e negli spazi che un tempo rappresentavano un terreno comune. Al loro posto restano soltanto le macerie di un conflitto silenzioso.

È a questa metamorfosi che guardano i due romanzi d’esordio di Eleonora Daniel e Riccardo Meozzi, opere che sembrano dialogare tra loro come due dimensioni dello stesso tema, destinate quasi per caso a intrecciarsi.

La polvere che respiri era una casa (Daniel; Ed. Bollati Boringhieri) e Addio, bella crudeltà (Meozzi; Edizioni E/O) raccontano con intensità e lucidità l’arco di vita di due coppie contemporanee: dall’amore alla sua disgregazione, attraversando fragilità, mancanze e inevitabili perdite.

Nel confronto con Carolina Bandinelli, gli autori hanno scomposto e messo a fuoco gli elementi che accomunano e, al tempo stesso, dividono sia i loro personaggi sia le loro storie.

L’incertezza dei rapporti narrati da Daniel e Meozzi si radica soprattutto nella dimensione domestica. La casa non è solo uno spazio fisico, ma diventa specchio delle relazioni, trasformandosi insieme ad esse. Ogni coppia la abita in modo unico e, in questa quotidianità fatta di gesti e momenti, la casa assume via via ruoli diversi: luogo accogliente di inizio, rifugio di intimità, ma anche campo di battaglia. È la scenografia della costruzione e della distruzione di legami profondi.

Un elemento costante ma sotterraneo, in entrambi i romanzi, è il matrimonio. Nel dibattito quasi non viene affrontato direttamente, nonostante il titolo provocatorio, ma resta evocato come sintomo e sfondo delle relazioni. Il matrimonio cresce, si logora, si misura con la sua stessa fine: il disamore. I partner finiscono per parlarsi come stranieri, in lingue ormai inconciliabili. Un’eco che rimanda inevitabilmente alle Scene di un matrimonio di Ingmar Bergman. Da qui la domanda centrale: la fine di un amore è in qualche modo intrinseca nel suo inizio?

Meozzi, in particolare, riflette su come scrivere di una storia d’amore equivalga a rileggerla a posteriori. Raccontare significa colmare un vuoto, affrontare la consapevolezza della perdita. Ma la fine non riguarda soltanto i sentimenti: porta con sé anche un ribaltamento delle dinamiche di potere interne alla coppia, come in una partita in cui le carte vengono continuamente rimescolate.

A questo punto Bandinelli sposta l’attenzione sul corpo, protagonista imprescindibile dei due romanzi. Il corpo muta: da intimo e familiare diventa estraneo, terreno di vicinanza ma anche di distanza. Gli autori riflettono su come tradurlo in letteratura, passando dalla sua concretezza carnale a una dimensione simbolica, specchio del reale. Come la casa, anche il corpo si trasforma: da spazio condiviso diventa barriera, da luogo d’incontro confine di separazione.

Il confronto si chiude con il tema dell’assenza, centrale nelle due opere. Assenza come mancanza – di un luogo, di una persona, di un corpo – che diventa dinamica stessa dell’amore. Scrivere significa tentare di riappropriarsi di ciò che è perduto: una casa, un amore, una presenza. È questa assenza, in fondo, a costituire il nucleo della nuova narrazione sentimentale che Daniel e Meozzi propongono, attuale e radicata nelle complessità delle coppie di oggi.

Il dibattito, arricchito da riferimenti letterari, rivendica un citazionismo creativo che diventa materia di rielaborazione. Dai rimandi a Diario d’inverno di Paul Auster (per Meozzi) a Rilke (per Daniel), fino alle citazioni che danno il titolo stesso ai due romanzi – tratte da Quattro quartetti di T.S. Eliot e da La dodicesima notte di Shakespeare.

Un modo per ricordare che l’amore, con tutte le sue contraddizioni, non smette mai di essere materia viva di racconto: imperfetto, mutevole, ma sempre autentico.