Nel ‘500 a Bologna la piccola Camilla è seduta alla finestra e attende l’arrivo di Lavinia Fontana, un'artista molto celebre in città, a cui è stato commissionato il ritratto della sorella della bimba, prossima alle nozze. Mentre aspetta, Camilla si domanda:
«Che senso ha farsi fare un ritratto?
A cosa serve?»
Dopo poco si presenta in casa loro Lavinia Fontana, pronta a incontrare la ragazza che le farà da soggetto per la sua opera, e tira fuori pochi e semplici strumenti. Un album da disegno, dei gessetti, e con pazienza Lavinia abbozza il volto della fanciulla, che di fronte a lei è concentrata a rimanere immobile. Un ritratto parte dal volto per poi costruire attorno un racconto fatto di vestiti, mobili, oggetti tra i più disparati, dettagli scelti perché possano dirci qualcosa della persona ritratta.
Il significato dei ritratti, però, continua a sfuggire a Camilla, che il giorno successivo decide di recarsi direttamente nello studio dell’artista, per capire meglio di cosa si tratta. Emanuele Lugli ci accompagna attraverso lo sguardo di Camilla, protagonista del libro I ritratti di Lavinia (Corraini, 2025), nell’osservazione delle opere di Lavinia Fontana e, con un fare da detective, raccoglie insieme ai bambini presenti all’evento gli indizi nascosti nei suoi quadri.
Perché una giovane donna indossa proprio quella collana su un abito bianco? Come mai ha deciso di farsi ritrarre con un cagnolino minuscolo in grembo e un ventaglietto di stoffa e perline in una mano? E, in un altro dipinto, perché un’altra ragazza ha scelto di essere rappresentata al pianoforte, ma senza uno spartito davanti da poter leggere? Si sta di fronte a un’opera per pochi minuti e poi si passa avanti con noncuranza. E invece, nei dipinti i dettagli sono stati inseriti perché parlassero a noi.
Allora vale la pena mettersi in ascolto, per imparare a interpretare un linguaggio fatto non di parole ma di immagini. E per farlo, un modo potrebbe essere giocare a immedesimarsi nel soggetto delle opere, immaginando come noi stessi vorremmo essere ritratti. Quale abito vorremmo indossare, se preferiremmo essere immortalati in vestiti della quotidianità o con un qualcosa di più elegante. A pensare a un nostro ritratto si inizia a fantasticare su quali oggetti amiamo e vorremmo includere nel quadro, sulle attività che svolgiamo e che vorremmo fossero associate a noi, se indossare un anello prezioso tramandato in famiglia o invece essere spontanei, con i gioielli di tutti giorni e gli occhiali con cui ogni mattina ci guardiamo allo specchio.
Potrebbe sembrare un gioco per bambini quello di realizzare un proprio ritratto a pastello, e invece sarebbe molto divertente per tutti. Piccoli e grandi sono abituati a farsi delle foto, dei selfie ad esempio, lo scatto di un istante che ci coglie nel qui e ora per come siamo. I ritratti invece non sono semplici immagini del reale, possono essere sogni, da consegnare agli altri per esprimere ciò che amiamo e ciò che siamo.