Si apre su queste parole il
rito sonoro
di
Mariangela Gualtieri
, modulato da effettive gocce di pioggia che si posano sui presenti come fossero un’indicazione registica.
Teatro, musica e poesia
si racchiudono nella sua esile figura, sola sul palco del Cortile Meridionale di Palazzo Te, e in quella sua voce roca non priva di dolcezza. L’autrice di Cesena propone l’ultima raccolta di poesie
Quando non morivo
, cadenzata da puntuali interventi musicali di voci e violini, studiati, ma mai soverchianti. Il suo universo poetico, punteggiato da un dialogo continuo di cuciture e sdruciture, di corpi silenti e di menti parlanti, di vene impazzite, di sospiri tonitruanti e di femminilità compunte, è capace di diluire il trascendente nell’immanente, rendendolo un amalgama di masse concrete, pregnanti, isomorfe.
Protagonisti di questo ecosistema sono cuccioli umani e animali, radici, piume, rami, peli. Sono le
divinità domestiche
a cui è dedicata una sezione del libro, come «il bambino tutto adorno / magnifico nei suoi sette anni / divinità penetrata / per noi venuta vicino al frigorifero». Il divino della Gualtieri si situa accanto ad un elettrodomestico, come a celebrare ciò che Georges Perec definì l’endotico, in contrapposizione con l’esotico, ovvero “il banale, l’evidente, il comune”, o per dirla come il titolo dell’evento, il quotidiano innamoramento.
https://www.youtube.com/watch?v=XxCBOPeCKrU
La poetessa, che si auto-definisce ironicamente «una eccentrica con un pesce in bocca», riprende anche la poesia Nove marzo duemilaventi , scritta agli albori della quarantena, nella quale non indugia dinanzi all’avvertimento che «una voce imponente, senza parola / ci dice ora di stare a casa, come bambini / che l’hanno fatta grossa» e sembra voler spronare lettori e spettatori a rimanere sempre in allerta delle meraviglie nascoste . Nella sospensione quasi religiosa delle sue poesie c’è spazio anche per i temi che si potrebbero volgarmente definire più canonici: l’amore, la tristezza, il dolore. Questi paiono essere avvolti in un incontro di panico e bucolico che ambisce a farci mollare le prese e le strette dal pensare inquinato e giacere, immobili.