04 | 09 | 2025

Famiglia, silenzio e tabù cangianti

Fatma Aydemir dialoga con Marianna Albini tra dinamiche di famiglia, appartenenza e mancanza di patria

«Non scrivo in maniera autobiografica, se non per minuziosi particolari, e qualora dovesse capitarmi in futuro, sono sicura che prediligerò sempre la fiction come genere attraverso il quale esprimermi meglio». A Fatma Aydemir, in dialogo con Marianna Albini, interessa mettere nero su bianco qualcosa che non è ancora stato raccontato, trovando la forma più adatta, affrontare le inibizioni intorno a quanto mettere/omettere della propria famiglia. I due concetti cardine di questa ricerca sono l’appartenenza e la mancanza di patria: l’autrice, nata a Karlsruhe (ex Germania Ovest) da una famiglia di origine turco-curda, è cresciuta come figlia di immigrati in un contesto di cultura mista con la Germania affrontando il clima di difficoltà e ostilità tipico degli anni ‘90 in quel luogo; la Turchia, invece, è l'altro luogo, verso il quale potrebbe provare nostalgia o un sentimento di ritorno, senza però farlo mai, poiché non ci è nata né cresciuta, lei che si descrive fervida antinazionalista, lontana dal concetto romantico di patria.

Per Fatma Aydemir la sfida è superare la paura che i suoi personaggi possano rappresentare piccoli gruppi esotici, portando alla facile tentazione di ricadere in una banale visione della classica famiglia curda/turca, non tedesca, quindi non riconoscibile per persone con un passato differente dal proprio. È importante per l’autrice liberarsi da questi pregiudizi e offrire una visione onesta e fedele dei propri protagonisti, sottolineando come per lei i complimenti migliori siano quando le persone dicono di essersi sentite vicine alle figure che ha creato, indipendentemente dal paese d’origine. Infatti, spiega, il ruolo della letteratura è proprio abbattere queste fisse e rigide meccaniche dettate dal passato, amplificate nel tempo. È chiaro come il patriarcato faccia parte delle suddette, consolidate nel passato: un tema che affronta nel suo nuovo romanzo Tutti i nostri segreti, che si apre con la morte del capofamiglia e prosegue con la vita dei figli e della madre, intrisa di amore, istinto di sopravvivenza e senso di colpa; sulla quale ricade la duplice incombenza di fonte di ricordi e di tutto ciò che è negativo per la famiglia. Una famiglia orfana di padre gastarbeiter (lavoratore ospite, solitamente immigrato), le cui regole cercano di essere imposte dalla madre.

Alla domanda di Marianna Albini - quale costrizione spinga i personaggi a crescere e sentirsi più liberi - Fatma Aydemir risponde che prova a raccontare cercando di mantenere la massima empatia ma evitando di sfociare in pietà. Il silenzio nella sua scrittura va a pari passo con la reticenza, così come va affrontato assieme al concetto di famiglia, poiché la parola tabù, in qualsiasi sfera della vita, è cangiante: bisogna rendersi vulnerabili, provando paura, poiché fa parte del gioco.