Al via, nella splendida cornice di Palazzo Te, il primo appuntamento della serie Festivaletteratura 1525, un ciclo di incontri che celebra i cinquecento anni della villa gonzaghesca tornando a interrogarsi sui libri e sui temi che circolavano a quell’epoca. Quattro volumi pubblicati proprio nel 1525 diventano così la lente attraverso cui osservare un secolo di profondi mutamenti, in cui la letteratura e il pensiero filosofico avrebbero gettato semi destinati a germogliare nei decenni e nei secoli successivi.
Relatori di questo primo incontro erano Michele Lodone, ricercatore in Storia medievale all’Università di Modena e Reggio Emilia, e Martina Dal Cengio, ricercatrice in Letteratura italiana alla Sapienza di Roma, che hanno dialogato davanti a una sala gremita e partecipe. Con un approccio capace di intrecciare filologia, storia delle idee e cronaca culturale, i due studiosi hanno fornito, per prima cosa, le coordinate necessarie per orientarsi nei movimenti che hanno caratterizzato il XVI secolo, i suoi protagonisti ma anche il clima in cui sono maturate idee e contrasti focalizzando l’attenzione su una domanda urgente all’epoca non meno di quanto sia oggi: quanto siamo padroni delle nostre vite?
Il Cinquecento è un secolo di rivoluzioni: il mercato del libro esplode, nasce il formato tascabile, gli editori si contendono gli autori più celebri, cresce la fame di inediti e le opere circolano ben oltre i confini italiani. Sempre più lettori non solo leggono, ma commentano e annotano i margini, trasformando il libro in un oggetto di dialogo. È un panorama editoriale brulicante e vivacissimo in cui i dibattiti non restano confinati agli ambienti accademici o ecclesiastici: scaldano le piazze, entrano nelle taverne e nelle botteghe, coinvolgono laici e religiosi, uomini e donne, osti e barbieri. È proprio in questo contesto di grande fluidità che si accende una delle polemiche più celebri del secolo: quella sul libero arbitrio umano.
A confrontarsi sono due giganti del pensiero occidentale: da un lato Erasmo da Rotterdam, dall’altro Martin Lutero. I due autori hanno personalità e posizioni contrastanti, e il loro confronto è passato alla storia grazie alla pubblicazione dei loro libri: il “De libero arbitrio” e il “De severo arbitrio”. Erasmo è il principe degli umanisti europei, venerato da una generazione di studiosi che ammirano la sua prosa latina efficace e precisa. Nasce in Olanda e diventa cosmopolita studiando e insegnando in diverse capitali europee, motivo per il quale diventa riconosciuto.
Lutero, invece, viene conosciuto all’epoca dopo la pubblicazione delle sue 95 tesi nel 1517 e la conseguente scomunica. Iniziatore del protestantesimo, dedica la propria vita al tentativo di dare una nuova forma alla chiesa in Sassonia che aveva preso le distanze dalla chiesa di Roma.
Erasmo da Rotterdam raccoglie i testi antichi confrontandoli, verificando quali fossero a favore del libero arbitrio e quali contrari, arrivando alla conclusione secondo cui per le sacre scritture la libertà di scelta era fondamentale. Nel suo caso si parla di libero arbitrio proprio perché è l’uomo a scegliere la sua salvezza o la sua condanna tanto che lui stesso viene definito come “maestro della libertà”, al contrario di quanto sosteneva Lutero, filosofo del “servo arbitrio”. Secondo il riformatore della chiesa protestante era l’uomo a comportarsi come la volontà divina gli imponeva di fare, senza avere una reale possibilità di scelta tra il bene e il male.
Il successo dei loro scritti, che permane ancora oggi, è dovuto non solo alla diffusione delle tecnologie di stampa che erano state inventate proprio negli anni del loro dibattito ma anche alle case editrici che hanno reso possibile la circolazione dei loro libri in tutta Europa. Il loro successo fu tale per cui Erasmo riuscì a vivere del suo lavoro, senza la necessità di vivere da cortigiano com’era solito a quel tempo. È grazie agli editori Froben e Luft che i libri hanno raggiunto persino l’Italia, dove il Tribunale dell’Inquisizione li aveva censurati o addirittura proibiti. Nonostante le difficoltà dovute alle censure, queste case editrici hanno giocato un ruolo fondamentale nella diffusione dei volumi e delle idee in essi contenute.
Per quanto oggi la questione si ponga in termini diversi, il dibattito resta sorprendentemente attuale. Oggi parliamo di merito e di meritocrazia, costruendo intorno a questi concetti intere architetture sociali senza spesso considerarne i risvolti più problematici.
È un confronto che, pur muovendosi su piani economici e politici, conserva un fondo quasi metafisico, per certi versi ancora teologico. Come ha sottolineato Michele Lodone, ciò che rende interessante lo scontro tra Erasmo e Lutero è proprio la postura con cui si affrontano i nodi irrisolti: da un lato lo scetticismo della ragione, dall’altro la certezza della fede. È un esercizio che rimane utile anche oggi, perché ci obbliga a misurarci con due metodi diversi di guardare al mondo. E soprattutto ci ricorda che quel Cinquecento che immaginiamo rigido e dogmatico era invece un contesto sorprendentemente fluido e aperto, dove le domande sulla libertà e sul destino dell’uomo attraversavano ogni livello della società.
Il loro è solo il primo dei quattro incontri dedicati al ‘500, per questo il ciclo Festivaletteratura1525 proseguirà con altri appuntamenti dedicati alle XVI secolo e ai libri pubblicati in quell’anno, ciascuno occasione per entrare in un dialogo con il passato e continuare a interrogarsi sul presente.