Nell’arte, un dettaglio come quello dei capelli, che può essere ritenuto secondario, rivela in realtà molte informazioni sul pensiero dell’epoca in cui è stato dipinto. Ne parla Emanuele Lugli, presentando alcuni esempi che possano far comprendere questo concetto, riferendosi principalmente al Rinascimento.
L’autore inizia mostrando il ritratto di Simonetta Vespucci, dipinto da Botticelli, e ne fa notare proprio l’acconciatura: trecce, ciocche, code, perle… un lavoro complesso, che richiese sicuramente tempo ed energie, di gran lunga maggiori di quelle impiegate per realizzare il profilo della donna. Tutta questa cura rivela che probabilmente ciò che interessava di più a Botticelli erano proprio i capelli. Ma perché tutta questa attenzione? Lugli analizza a fondo l’opera, e fa notare come le ciocche della giovane assomiglino a fiamme. Fiamme che si possono ritrovare anche nella celebre Primavera di Botticelli, utilizzate per la freccia di Cupido e per la veste del giovane Mercurio, amato da una delle tre Grazie: fiamme che rappresentano l’amore, la passione.
Effettivamente i capelli sono descritti come oggetto di amore e desiderio da molti poeti, ad esempio da Apuleio, nelle Metamorfosi, dove il protagonista, Lucio, si innamora proprio dei capelli di una schiava. Possiamo poi pensare a Petrarca, che in numerosi componimenti descrive i capelli di Laura, o a Boccaccio, che parla in modo minuzioso delle acconciature delle ninfe nei suoi racconti. E possiamo spiegare l’utilizzo dei capelli come simbolo d’amore in quanto nel passato le donne avevano degli obblighi riguardo a come mostrarsi in pubblico, e spesso i capelli erano l’unica parte visibile del loro corpo, in grado di suscitare desiderio.
Nel pensiero rinascimentale i capelli sono dunque rappresentati come “fiamme” di passione, ma sono legati al calore anche secondo la scienza dell’epoca. Nei trattati di medicina si cerca di spiegare come i capelli possano continuare a crescere nonostante siano materiale morto, e la risposta più plausibile sembra essere la seguente: il vapore caldo all’interno del corpo, una volta arrivato nella testa, più fredda, crea uno strato secco, da cui provengono i capelli, come fiamme dal calore.
Collegata ai capelli e al calore c’è però un’ulteriore simbologia, molto sentita dagli uomini del Rinascimento. I capelli sono percepiti come qualcosa di superfluo, simbolo di vanità e lussuria, e dunque sono ricollegati al diavolo e al peccato. Per questo i capelli femminili devono essere acconciati accuratamente, domati, per essere accettati pubblicamente e non creare scandalo. E proprio a causa dei lunghi capelli da riordinare, dei crines (termine usato anche per designare il pelo degli animali), le donne sono spesso malviste.
Lugli analizza a questo punto La nascita di Venere di Botticelli, sottolineando come l’artista abbia osato nella rappresentazione della Venere, che contiene in sé il corpo dell’ Afrodite di Cnido, modello di grazia e perfezione, e la testa di Medusa sulla Tazza farnese, con gli stessi capelli lunghi, simbolo allo stesso tempo di amore e pericolo, di seduzione. Questa rappresentazione deve aver avuto un effetto di indignazione sul pubblico rinascimentale. L’idea di Botticelli è però proprio quella di immediato innamoramento, di stupore, alla vista di questa Venere e dei suoi capelli indomiti.