Sullo schermo scorrono le immagini del viaggio di una vita. E tra queste le foto dell’incontro con il pubblico che ebbe Tiziano Terzani a Festivaletteratura nel 2002. Angela Terzani ricorda di quando i Nicolini le chiesero che il marito presentasse il suo libro al Festival. Tiziano non voleva presenziare, invece la moglie accettò, non senza difficoltà. E fu un incontro bellissimo, con un pubblico eccezionale che impressionò lo scrittore. Grazie a quell’incontro, a quel pubblico e ai suoi lettori, Terzani è ancora presente. Come il suo libro che, dopo oltre vent’anni di viaggi, ci continua a parlare.
In questa strana serata già quasi autunnale la voce del libro è quella di Peppe Servillo, accompagnato dalla musica di Natalio Luis Mangalavite. I viaggi di Terzani iniziarono quando finalmente partì per l’Oriente per fare il corrispondente. Scrisse sul Vietnam, fu deluso profondamente dalla Cina (dalla quale fu anche espulso), dal regime cambogiano. E infine dal Giappone, che si stava globalizzando e aveva già perso le sue tradizioni e il suo pensiero così originale. Ma una buona occasione per ricominciare si presenta nel 1993. Nel 1976, ad Hong Kong, un indovino disse a Terzani che nel 1993 non avrebbe dovuto volare perché altrimenti sarebbe stato in pericolo di vita. Non si dimenticò mai di questa profezia e così decise di assecondare il destino. Il divino avvertimento gli dava l’occasione di cambiare, di aggiungere finalmente poesia alla vita. Perché il tempo non è solo quello dell’orologio. Nonostante nel suo lavoro fosse necessario essere presente con velocità sui luoghi dei fatti, riuscì a non mancare mai a nessun appuntamento con la storia. Il ritmo era cambiato e le distanze avevano ripreso significato.
Spostarsi ora era questione di giorni. E la geografia, le montagne, i fiumi, avevano ripreso ad avere un significato, il paesaggio era diventato di nuovo esistente. Era rinato. E insieme a lui era rinata l’umanità delle persone che durante i viaggi lenti ora riusciva ad incontrare. Con una Leica acquistata in Vietnam, testimoniò l’uomo, il paesaggio, la cultura, la civiltà che tornava ad esistere. E continuò ad incontrare indovini, santoni, sacerdoti in dialogo con gli dei. Riempì valige di amuleti, polveri, oggetti, parole, divinazioni. Molti avevano davvero la capacità di leggere nella mente altrui, tanti altri erano pittoreschi ciarlatani. In tutte quelle parole ricevute, presente e futuro non esistevano più, rimaneva tutto mescolato. Perché forse il futuro è già passato, dipende solo dal punto di vista. Il segreto quindi è proprio quello di togliersi dalla prospettiva del tempo. E di cavalcarlo a dorso di un elefante, per vedere anche il mondo da un’altra prospettiva.
Un indovino cinese cieco gli disse cose che potevano tutte essere vere, ma anche tutte false. Occorreva superare le contingenze per vedere il vero significato delle sue parole. E un evento annunciato, nel momento stesso in cui viene annunciato, esiste. Alcuni indovini cinesi utilizzano l’osservazione del corpo, del viso. Una pratica di leggere il destino di una persona dalla faccia. E gli dissero che sarebbe morto all’estero, in una terra non sua. Esiste un rapporto strano quindi tra profezia e volontà propria. Spesso cerchiamo esempi che confermano la profezia, spesso siamo noi stessi che realizziamo la nostra profezia. L’occulto è una possibilità, non una certezza. Ma vivere non serve a nulla se si passa il tempo solo a credere.
Le foto continuano a scorrere sullo schermo, come uno specchio che riflette il mondo in ogni angolo della terra. Perché la miniera è dove ci si trova, basta scavare. Attraverso altre profezie appare ora che il destino è ineluttabile ed è la profezia stessa che lo fa avverare, come in Edipo. Terzani aveva passato tantissimo tempo in Oriente e non aveva mai provato la meditazione: era una cosa a cui porre rimedio. La mente che riscopre i suoi poteri attraverso il silenzio. E questo silenzio permette di conoscere il proprio destino, scoprendo che il destino alla fine lo scegliamo noi.