06 | 09 | 2024

Il catalogo è questo

100 oggetti del XXI secolo di Adrian Hon

Un catalogo. Un catalogo di 100 oggetti che un curatore del 2082 ha selezionato per descrivere il XXI secolo. Adrian Hon ha continuato a rivedere gli oggetti inseriti in questo particolare elenco, così da revisionare la sua prima edizione del 2013 con una aggiornata al 2020. Perché a volte la fantasia dell’autore ha superato la realtà e molti oggetti non sono stati poi effettivamente utilizzati, o non così tanto da diventare essenziali per il nostro tempo.

L’idea del catalogo è venuta allo scrittore nel 2010 quando il British Museum cominciò a lavorare su una storia del mondo in 100 oggetti. Un’idea che porta Hon, raccontando del futuro, a oscillare sempre tra fantascienza e scienza, tra utopia e distopia. Una storia, una fantastoria di oggetti. Non racconti di robot o di astronavi, ma di forme d'arte, di politica, di cambiamento climatico, di mondo e di umanità. Ogni oggetto è raccontato, non solo elencato. Un aereo che riesce a modificare il clima raffreddando la terra (quanto servirebbe), un orsacchiotto dotato di intelligenza artificiale e della voce reale di persone collegate che parlano con te. Un’applicazione che orienta la tua vita e nel tempo costruisce comunità, diventando alla fine una religione.

Non si sono pienamente realizzate (ancora) le macchine autoconducenti o la collana che trasforma il silenzio in scrittura con il solo movimento delle corde vocali. Lo scrittore immagina ancora un’alga OGM che sostituisce i combustibili fossili (questo oggetto è previsto per il 2025, manca poco) e uno strumento che converte i gesti in simboli, in emoticon. Non abbiamo ancora gli occhiali smart, che sono ancora troppo pesanti e costosi, ma forse ci arriveremo tra qualche decina di anni. Ma non è solo una questione tecnologica, il futuro è anche una questione sociale.

Come la sostenibilità ambientale, sempre più necessaria, influenzerà la vita umana? L'umanità sarà costretta ad abbandonare le proprie terre per spostarsi al sicuro in città. Ma dovrà essere più sostenibile e mangiare meno. Già abbiamo iniziato a vivere in questa distopia a causa dei cambiamenti climatici e sarà sempre peggio. Quindi perché non farlo in maniera scientifica, perché non gestire i flussi migratori in maniera razionale, evitando il caos? La fantascienza e tutto quello che riguarda il futuro è sempre una critica sul presente. Quello che poi fa la differenza è l’approccio al reale, che può essere aiutato anche grazie a questi racconti.

L’autore per storia personale è profondamente ottimista, anche se è più facile credere ai futuri distopici che vanno di moda oggi. Siamo lontani dal 1984 di Orwell: sicuramente fra cinquant’anni vivremo cose scioccanti, ma anche cose che ci faranno meravigliare. Forse lavoreremo meno. La popolazione inizierà a diminuire e le risorse ci sosterranno meglio. Stiamo già riducendo il nostro impatto sul mondo, la scienza e la tecnologia ci aiuteranno ancora. La realtà virtuale forse ci porterà a vivere maggiormente in mondi alternativi, dentro ad avatar che ci permetteranno di cambiare i nostri corpi. Forse cambierà il capitalismo e non valuteremo la nostra vita solo per il PIL. Avremo nuove religioni e nuove organizzazioni della società. Tutto migliorerà, come alla fine è sempre stato. Forse davvero non viviamo nel mondo di Philip K. Dick.