La Basilica Palatina di Santa Barbara è stata sfondo di una messa laica della letteratura con una delle scrittrici più brillanti del mondo contemporaneo, Meiko Kawakami. In compagnia di Giorgia Sallusti, racconta alla platea il Giappone. Nata ad Osaka nel 1976 e trasferitasi in età adulta a Tokyo, i suoi romanzi sono un intreccio di vita personale e problematiche sociali, temi che hanno scioccato l’occidente convito di una Tokyo ricca e sempre felice. Cresciuta in estrema povertà in una famiglia monogenitoriale, è un’autrice working class e con la sua letteratura vuole sensibilizzare i lettori.
In Giappone, un famoso proverbio dice: «il chiodo che sporge va martellato» e le protagoniste dei suoi romanzi sono proprio quello, donne non conformi alla società, ai margini del mondo che le circonda. In Seni e Uova, il suo primo romanzo tradotto e diffuso in tutto il mondo, le tre protagoniste lottano per trovare il benessere e la possibilità di scegliere il proprio futuro liberamente. La disparità di genere si intreccia con quella sociale e le sue storie non vogliono solo essere un racconto di intrattenimento per la classe benestante, ma vogliono essere il mezzo per cui ci sia una presa di consapevolezza.
Kawakami rompe i pattern della tradizione con i suoi personaggi. Lei si focalizza quindi sulle ombre dei personaggi, sui loro dolori, perché solo così può evidenziare la loro luce. Da sempre ritiene che le storie più preziose siano quelle dove si scorge la luce in chi vive nell’oscurità, ma è da quando ha perso sue madre nel 2023 che ha compreso il concetto di dolore ad un altro livello. Nello stesso momento si ammala anche lei e questo la porta a perdere interesse nelle storie felici e di persone in salute. Trova conforto solo negli autori già morti da tempo, tra cui Kafka, che le fa capire quanto la malattia fosse una condizione necessaria della vita stessa. La sua salvezza sono stati questi autori malinconici, che con le loro parole dolorose, frutto di profondi patimenti, hanno generato in lei un sollievo. Dopo aver scoperto la capacità consolativa dei romanzi, capisce che i suoi devono fare lo stesso.
Il ruolo della parola è strettamente legato a quello della memoria, la lettura ha un certo effetto sulla nostra mente e porta ad immaginare, richiama a sè il ricordo. In questo senso la letteratura è il modo in cui ci può sentire vivi anche quando non lo si è più. La memoria rimane e, come l’immaginazione, ha un ruolo indispensabile e può arrivare alle persone tramite la scrittura.
«Qualunque cosa stiate vivendo, qualunque cosa sia il vostro dolore, nessuno potrà mai vivere al vostro posto e voi al posto di nessuno. Per quanto sia difficile condividere le proprie emozioni, nessuno di noi può uscire dal suo corpo e dalla sua solitudine, ma è proprio la solitudine che tutti condividiamo a renderci meno soli»