06 | 09 | 2025

Il peso leggero di un'identità divisa

Con Amal Oursana e Irina Turcanu dal Marocco alla Romania, passando per l’Italia: radici, partenze, ritorni e la costruzione di un’identità che si nutre di lingue diverse

Quando le protagoniste di un incontro sono due donne immigrate in Italia nella loro adolescenza, autrici di due romanzi che trattano temi come identità e appartenenza, è giusto che a porgli la prima domanda siano i ragazzi di Passports, un gruppo di giovani volontari che avviano prima e durante il Festival un percorso di riflessione su lingue, migrazioni e cittadinanze. «Quando dopo l’andata c’è anche un ritorno, l’addio della partenza ha ancora lo stesso peso?» chiedono.

A rispondere per prima è Amal Oursana, scrittrice, medico e agopuntrice di origini marocchine, nata in Francia e cresciuta prima in Marocco e poi in Italia. Per lei il peso della partenza non si pone, forse perchè ha preso da suo padre Rahhal, il cui nome significa viaggiatore. Da lui ha imparato il valore del viaggio, dell’incontro con altre culture. Da quella gita di classe che voleva evitare per non pesare economicamente sui suoi genitori e da cui poi è tornata tanto arricchita ha imparato, invece, che quando sei indecisa se partire, devi partire e basta.

Per Irina Turcanu, scrittrice e traduttrice trasferitasi a diciott’anni dalla Romania all’Italia, la risposta è diversa. Per lei all’inizio tornare spesso in Romania era un’esigenza e lasciare la sua casa sempre un peso, ma quando, con il passare degli anni, ha iniziato a sentire un senso di appartenenza anche verso l’Italia, non è più stato lo stesso. Tornare in Romania non era come prima, ma neanche in Italia si sentiva propriamente a casa. Ora senza amarezza e con un equilibrio ottenuto con le unghie, riconosce che il peso dell’andare e del tornare si è alleggerito, ma è stato possibile solo grazie a tutte queste fasi.

Prende poi la parola Marianna Albini, che sposta la discussione sui loro libri di più recente uscita, Manca il sole ma si sta bene lo stesso (Turcanu) e Il segreto nel nome (Oursana). La prima spiega che il suo titolo deriva da un verso di una poesia di George Coșbuc, poeta romeno non inferiore a Mihai Eminescu che però, racconta, è l’unico le cui poesie vengono ripetute mormorando a mo di preghiera il 15 gennaio, giorno della cultura in Romania. Il significato è chiaro: Turcanu come la sua protagonista Ina non lascia la Romania volontariamente, è trascinata in Italia dai genitori e dalla Grande Storia, che decide per tutti e ci lascia impotenti. Nonostante ciò, in Italia viene accolta con calore. Sfatando il mito dei montanari chiusi e razzisti racconta con gratitudine di quelle persone che l’hanno aiutata a imparare l’italiano e a stare bene anche lì, dove mancava il sole.

Sul titolo di Oursana si regge l’intero romanzo, in cui racconta la storia del padre e del viaggio che compie alla ricerca delle sue origini. Il catalizzatore è un fatto reale: negli anni ‘50 in Marocco c’è stato un censimento indetto dal protettorato francese in cui veniva richiesto alle persone di registrarsi con un cognome solo, nonostante la tradizione ne prevedesse più di uno. Questo censimento ha creato un po’ di confusione negli alberi genealogici perché alcune famiglie non riuscivano a mettersi d’accordo e ciò per molti emigrati ha complicato ulteriormente la ricerca dei propri antenati.

Quello che hanno in comune i due libri, oltre al racconto dell’incontro fra culture, di ricerca dell’identità e di un senso di appartenenza, è il gusto dolceamaro che lasciano in bocca. Nessuno prevale, la dolcezza e l’amarezza si reggono in equilibrio grazie all’introduzione di alcuni personaggi chiave e all’uso dell’ironia. Sia Oursana che Turcano sottolineano l’importanza dell’ironia nelle loro storie, ma anche nelle loro esperienze personali. Turcano racconta della delusione provata nel rendersi conto di non sapere veramente l’italiano, di non riuscire a scherzare, a trovare le parole per fare una battuta, ma neanche per spiegare i suoi pensieri. Ina si scontra con la realtà e con le parole che le mancano e così l’autrice vuole che si senta anche il lettore, smarrito ma poi ritrovato nella dolcezza dell’incontro con i personaggi.

Le voci di Amal Oursana e Irina Turcanu, pur diverse per provenienza e traiettoria, si incontrano nel racconto di una condizione comune: quella del vivere sospese tra più mondi, senza rinunciare a nessuno. Le loro esperienze mostrano che il viaggio, volontario o imposto, porta sempre con sé un peso, ma anche un arricchimento che col tempo si trasforma in equilibrio. Nei loro libri, come nelle loro vite, la ricerca di un nome, di una lingua e di una casa diventa occasione di scoperta e di riconciliazione. È nell’ironia e nella capacità di abbracciare il dolceamaro delle cose che entrambe trovano il modo di raccontarsi e di raccontarci che partire e tornare non sono mai gesti definitivi, ma passaggi che ci aiutano a definire chi siamo.