Due storici del medioevo e un’antropologa si ritrovano in una chiesa per parlare di Donne sacre, volume scritto a quattro mani da Franco Cardini e Marina Montesano, e da poco pubblicato per i tipi de Il Mulino. I due medievisti si lanciano così in un dialogo con Elisabetta Moro, nel tentativo di riflettere con il pubblico sul perché nella storia la donna sia sempre stata considerata pericolosa, perché sempre messa all’angolo. Non è emersa alcuna risposta definita, ma la suggestione di esplorare il nesso che lega la figura femminile alla sacralità è stata sufficiente a tenere desta l’attenzione.
Infatti per qualche motivo, a livello antropologico, la donna è sempre stata più legata al sacro e al misterioso di quanto lo sia l’uomo, sebbene sia più frequente che alla fine fossero gli uomini gli unici a poter divenire i ministri del divino. Un’altra constante antropologica, poi, è il timore archetipico che il maschio ha sempre avuto nei confronti della femmina; timore che però non è ricambiato (con l’eccezione di quello legato alla violenza fisica). Pare inoltre che, secondo le ricerche recentissime della stessa Marina Montesano, la mentalità cavalleresca fosse intrisa di pensiero femminista: le fonti medievali ci restituiscono infatti testimonianze di cavalieri che andavano tranquillamente in giro vestiti da donne in particolari momenti, salvo poi incarnare l'immagine della virilità. Una figura, dunque, quella del cavaliere, slegata dall'identificazione univoca, con un solo genere e i suoi attributi. Attraverso una prospettiva di storia di genere, i due autori hanno toccato una grande quantità di figure femminili della storia e della mitologia, cercando di analizzarle; hanno scelto però di soffermarsi solo su due: Giovanna d’Arco e Ildegarda di Bingen.
La prima, vissuta nella Francia del XV secolo, ci è nota soprattutto attraverso la mediazione di uomini, autori delle fonti che ne parlano, ed è quindi più difficile riconoscere la purezza della sua voce. Si tratta comunque di una figura controversa, bruciata come eretica ma poi, negli anni Venti del Novecento, fatta santa. Un caso famoso di donna che non aderisce del tutto alla categoria della femminilità, che si veste da uomo, che conduce eserciti in battaglia ma, comunque, può parlare direttamente con la dimensione divina. Anche per questo fu percepita come strana, fuori dagli schemi convenzionali rassicuranti, pericolosa.
La seconda, mistica tedesca del XII secolo, è invece un personaggio di tutt’altra origine: essendo aristocratica e facendo la mistica chiusa in un monastero, poté permettersi di far sentire la propria voce direttamente e in maniera più forte, tanto che oggi ne possiamo leggere le opere. Scrisse di temi variegati, da racconti di visioni e trattati di teologia fino a compendi sulle erbe medicinali: una fonte preziosa sul folklore e i rimedi popolari medievali di area germanica che però, se fosse vissuta nel primo Cinquecento, all’epoca della caccia alle streghe, le sarebbe probabilmente valsa un processo.
Ad esse si aggiunge anche a latere Maria, la Madonna, figura cristiana che però assume in sé anche culti pagani antichissimi, tanto da farla in qualche modo ridimensionare dalla Riforma protestante, che la giudicò eccessivamente importante nella dottrina della Chiesa romana. Insomma, le donne legate alla sfera del sacro e del divino sono sempre figure particolarmente interessanti, o perché rivelatrici di informazioni etnoantropologiche sulle radici della nostra civiltà, oppure perché, con il loro operato, hanno illuminato la storia in un modo che agli uomini non sarebbe mai stato possibile.