La religione e la modernità sono spesso raccontate come due forze in contrapposizione. È possibile immaginare un sodalizio però. O meglio, questo è quello che emerge al termine dell’incontro “Religione e\o modernità?”, in cui l’ospite si è trasformato in relatore, conduttore e in qualche caso mediatore.
Ignazio de Francesco - monaco della Piccola Famiglia dell’Annunziata, la comunità fondata da Giuseppe Dossetti e islamologo- al Politecnico di Milano nella sede di Mantova, è riuscito a evitare la posa del docente - e del sacerdote - costruendo con la platea un’immaginaria “tavola rotonda”, che ha trovato lo spazio e il coraggio di condividere dubbi, possibilità e limiti di un confronto tra la modernità e la religione. Confronto che prende vita innanzitutto dalle definizioni. Cosa diciamo quando parliamo di religione? È sensazione mistica, intuito come dicono alcuni sociologi che insistono sul rapporto dell’uomo con ciò che è invisibile, con un oltre che non vedo. Ma anche rito, sacralità e tradizione e quindi figlia e madre del luogo da cui si proviene. Per altri è superstizione, magia e perciò il tentativo di controllare quell’invisibile senza limitarsi a contemplarlo. Certo permane la convinzione che, se paragonassimo la storia dell’umanità a quella di un singolo individuo, la religione corrisponderebbe al periodo infantile in cui il soggetto, incapace di spiegare i fenomeni che osserva, ricorre a spiegazioni non misurabili scientificamente. Fantasiose e ultraterrene, ma riconducibili a sé stesso e ai pochi che condividono il suo quotidiano. Basti pensare alla definizione che Immanuel Kant dette all’illuminismo. Per il filosofo, infatti, rappresentava l’uscita dell’uomo della minorità mediante il proprio intelletto e grazie al coraggio di usarlo. Ecco allora che, nella metafora, la modernità rappresenta l’età adulta, in cui il trionfo della scienza rende finalmente chiaro e definitivo il mondo e la realtà di ognuno di noi. La rivoluzione copernicana, così come la condanna di Galileo Galilei del 1600, sembrano essere i sintomi di un’istituzione religiosa – quella cattolica – che non si confronta con le scoperte scientifiche rifiutando tout court visioni progressiste se in antitesi al dogma predefinito. Va detto che 359 anni dopo la chiesa ha assolto Galileo. E pertanto viene da pensare: la religione ha perso? Nel confronto con la modernità ha dovuto cedere all’evidenza scientifica. Basterebbe questo a correggere il titolo dell’incontro in “Religione O Modernità”. Nessun compromesso possibile.
Ma sarebbe frettoloso e miope, perché, stando alle statistiche, l’81% delle persone di tutto il mondo si dichiara credente di qualche Dio, e Ignazio de Francesco porta questi dati non senza stupore. Allora è chiaro che la dimensione scientifica non basta agli “animali” che siamo. Abbiamo una quarta dimensione che tende verso lo spirito e la scienza è carente.
Intervengono tutti all’incontro e ci portiamo a casa almeno due cose. La prima è questa: stiamo evolvendo verso una modernità che non esclude la spiritualità. A differenza del passato, però, lascia spazio a un confronto individuale. Sembra che la Generazione Z abbia un dialogo più aperto con il divino rispetto ai suoi predecessori e non vi rinuncia, anzi. I giovani pregano, meditano e interrogano Dio in una dimensione intima escludendo quindi il concetto di “comunità”; ciò che per decenni ha dato linfa alle diverse confessioni e religioni. Ciò che la sociologia contrappone al concetto di “società”, tipico invece del concetto modernità. Se chiediamo però alle stesse persone di identificarsi in questa o quell’altra religione vacillano. Come se il divino fosse più ampio di un crocifisso, di un mantra upanishad o un rito previsto dalla shari’a.
La seconda cosa è questa: l’uomo non potrà mai rinunciare alla religione così come non potrà rinunciare al progresso e quindi non resta altro che lavorare sull’incontro tra le due.
Aiuta in questo un aneddoto divertente che Ignazio de Francesco porta prima di congedarsi.
Sospeso su un cavalcavia egiziano a bordo di un taxi si intrattiene in un confronto acceso con il tassista musulmano che tenta un’opera di conversione: Allah è la via. “È evidente la sua presenza osservando il mondo.” La discussione dura per un bel po’ fino a che, stremato, Ignazio de Francesco informa l’autista della grande massa di europei che spiegano la nascita del pianeta con la teoria del big-bang. Ecco che l’autista inchioda. Battendo i pugni sul volante, incredulo, grida a tutta gola che Dio esiste.
I passi da fare verso un punto di incontro tra religione e modernità sono molti e le nostre società complesse sfidano le religioni e i loro costrutti insistentemente. Un incontro è forse un’aspettativa troppo alta, ma una convivenza, questo sì, è assolutamente auspicabile.