10 | 09 | 2022

La lontananza ci parla di noi

Esilio, ritorno e speranza nelle pagine di Kader Abdolah

Nella cornice della Basilica di Santa Barbara il ritmo teatrale e incalzante della voce di Kader Abdolah incanta il pubblico, una danza di parole che non permette di staccare gli occhi dal palco. Accompagnato dal giornalista Stefano Salis , lo scrittore iraniano naturalizzato olandese sceglie di partire dal suo ultimo libro fresco di stampa, Il faraone olandese .

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Kader Abdolah è un funambolo letterario, ogni suo libro è basato su un raffinatissimo sistema di vasi comunicanti che si alimentano nella cultura persiana e in quella del Vecchio Continente. Eppure, Il faraone olandese non presenta una delle tipiche ambientazioni persiane dell’autore. Il mistero è presto svelato. Kader Abdolah si è infatti scoperto invidioso quando Kazuo Ishiguro è riuscito a scrivere un romanzo sui robot ( Klara e il Sole ), che trascendesse dalla sua vicenda personale o da quella dei suoi cari. Da questa “invidia” letteraria è scattata la miccia per creare qualcosa di nuovo: il personaggio di Herman Raven, un egittologo olandese che sta perdendo la memoria e che tiene nascosto in cantina il sarcofago della regina Merneith.

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Terminato il manoscritto però l’autore ha realizzato qualcosa di sconvolgente: quello era il libro più vicino a lui che avesse mai ideato e scritto. Ancora una volta la scrittura l’aveva colto di sorpresa, gli aveva mostrato come abbia il potere di smascherare i nostri segreti più sommersi . Il personaggio di Herman Raven in effetti ha in sé una serie di leitmotiv molto cari allo scrittore. Invecchiamento, perdita della memoria, esilio e ritorno sono temi focali nella sua vicenda e, contemporaneamente, dell’umanità tutta. Da Ulisse in poi l’esilio e il viaggio verso casa animano le pagine della letteratura e della storia, e forse ora più che mai, poiché il motivo del ritorno è la costante essenziale della nostra epoca.

La vita e la scrittura di Kader Abdolah stesso sono state plasmate dall’esilio forzato e dal ritorno nei luoghi d’origine, anche solo con l’immaginazione e la letteratura. Fuggito dall’Iran come rifugiato politico, lo scrittore sa emozionare il pubblico con le sue riflessioni sull’esilio, sulle radici, sull’abitare una lingua nuova. « L’esilio ti insegna a credere nell’essere umano. L’esilio ti insegna a credere nella vita », dice. Riconosce come l’abbandono della lingua materna e di tutto il resto sia stato un modo per avvicinarsi a se stesso, comprendere con più pienezza la vita, la morte, le questioni nodali dell’umanità.

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Allargando gli orizzonti della lontananza e del ritorno, Kader Abdolah fa un caloroso appello al pubblico, soprattutto ai più giovani. Ricorda come non sia possibile scoprire pienamente se stessi quando si rimane cristallizzati nella propria cultura e lingua. «Lasciate la vostra casa, la vostra lingua, i vostri genitori», consiglia alle nuove generazioni. L’immersione in un mondo altro aiuta a crescere e a trovarsi - e quando non è possibile spostarsi fisicamente vale la pena bussare alle porte altrui, domandare, mangiare insieme, chiedere come si dice “ti amo”.

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Le parole dell’autore non sono di cieco ottimismo, le riflessioni che ha forgiato dalla lontananza e dall’esilio non nascondono l’amarezza del passato. Quando dalla platea gli viene chiesto se gli manchino il caldo e il deserto della madrepatria, non esita: a lui

manca la sensazione di essere umiliato dal potere, perché non vi è giustizia quando si è celebrati ovunque mentre i propri cari vengono avviliti. Eppure, la strada accidentata che ha condotto Kader Abdolah a imparare l’olandese, scrivere in una lingua diversa ed essere tradotto in numerosi paesi rispecchia dei versetti biblici che lui ama ricordare in quanto verità universali e proprie dell’uomo: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto». Lo scrittore non ha dubbi, sapeva di poter raggiungere i lettori in qualche modo e sapeva di poter essere pubblicato quanto più lontano; proprio per questo, la vita gli ha dato la possibilità di imparare l’olandese, di essere tradotto, di trovarsi a Mantova. Ed è questo che ci esorta a fare: bussare, bussare sempre .