In tutti gli scrittori c'è un fuoco che li porta a creare quelle storie che i lettori amano e per Paul Murray questo sono i libri. Questi sono l'origine della sua scrittura, che inizialmente era semplicemente un qualcosa di conseguente e legato alla lettura, che ha riempito la sua vita per l'amore che suo padre provava per essi tanto da riempire la casa.
All'inizio era un divertimento, storielle divertenti e poesie, un modo per fuggire dalla noia della periferia di Dublino, la sua città, e di una situazione scolastica che egli descrive come opprimente. Ma nel tempo è diventata qualcosa in più: prima un atto di ribellione al padre, seguendo l'esempio del musicista Nick Cave (che suo padre non amava e che oltre a suonare aveva anche scritto un libro), poi qualcosa che avrebbe potuto andare avanti mentre frequentava gli ambienti del Trinity College di Dublino. Ma la «figura magica» che diede una svolta alla sua carriera di scrittore fu Ali Smith. Murray la incontrò alla University of East Anglia, dove fu sua tutor durante un master, e fu lei a mostrare alcuni capitoli di lui all'editore che si offrì di pubblicarlo, proprio il giorno dopo che il padre lo aveva invitato a desistere da questo futuro di scrittore, che considerava negativamente perché molti scrittori diventavano ubriaconi.
Alla domanda di Christian Mascheroni su come riconosca una storia che potrà funzionare, Murray fa l'esempio dell'innamoramento: prima c'è un'immagine, una battuta, un'idea, poi questa inizia a crescere e prendere vita. E, come l'amore, la prima bozza è entusiasmante anche se non si sa dove porterà. Segue il matrimonio, quando bisogna rivedere quanto si è già scritto: appaiono i problemi e bisogna accettare di fare un passo indietro e di affidarsi a dei professionisti.
Però, diversamente dall'amore, la scrittura è un'attività solitaria, in cui bisogna capire le cose da soli. Talvolta ci si incaglia su un paragrafo, si passano ore e ore di una giornata cercando di trovare la giusta voce per raccontare qualcosa, poi all'improvviso si esce, si fa una passeggiata col cane e arriva l'illuminazione, la giusta soluzione. Al tempo stesso, il libro ha una sua vita: talvolta lo scrittore si trova a scrivere una scena in un modo per rendersi poi conto che quanto ha scritto non è coerente col personaggio e allora segue una direzione verso la quale sembra che il libro stesso lo guidi.
Nello scrivere una storia è necessario mantenere anche la giusta distanza: Colum McCann sottolineava il rischio per un lettore di vedere solo lo scrittore. Invece bisogna creare personaggi senza pensare al lettore, ma avere fiducia nella sua empatia.
Ne Il giorno dell'ape, l'ultimo romanzo di Murray, si ritrova anche un elemento di folklore irlandese, un richiamo alla fiaba dei Sidhe, fate impossibili da vedere all'occhio umano che amano fare scherzi crudeli agli uomini. Questo elemento fiabesco, che mantiene vive le antiche storie irlandesi, serve da sempre a spiegare i cambiamenti repentini del fato, dal bene al male senza alcuna spiegazione, e dà speranza ad uno dei personaggi in un momento in cui tutti sono persi. Perché questo è il ruolo del libro e delle storie: vedere le cose in modo più chiaro, e se non funziona - come nella metafora proustiana degli occhiali - è bene cambiare libro.