Tutti noi, almeno una volta, abbiamo alzato gli occhi al cielo per osservare le stelle e questa azione si ripete nei millenni permeando le diverse società. E proprio sulle stelle tante credenze sono state create: basti pensare che tutte le divinità abitano il cielo.
L’astronomia è considerata la madre di tutte le scienze perché è per questa scienza che si sono creati i primi modelli e i primi strumenti e grazie ad essa nel passato ci si orientava arrivando a navigare mari e deserti. Ma prima ancora dell’astronomia c’è stata l’astrologia, che è praticata fin dai Babilonesi e persino da Galileo Galilei, famoso per i suoi oroscopi. È proprio dall’insieme di questi dati raccolti nell’osservare le stelle che nasce la fisica.
Roberto Trotta racconta queste storie legate alle stelle, dopo essersi chiesto come sarebbero cambiati il mondo e le diverse società che si sono susseguite se il cielo fosse stato sempre coperto da nubi e le stelle invisibili, in un mondo a cui lui dà il nome di Caligo, che dal latino significa nebbia.
I primi furono i Babilonesi tanto che il nostro orologio ha dodici ore proprio grazie a loro: il sistema numerico babilonese era sessagesimale e il numero dodici era per loro sacro. E così nel più antico poema, L’Epopea di Gilgamesh, l’eroe deve attraversare le Montagne del Tramonto per raggiungere il giardino di Utanapištim e nel suo viaggio incontra i Guardiani del Sole e deve attraversare il tunnel tra il giorno e la notte proprio in dodici ore. E anche il senso orario delle lancette è legato alle stelle: inizialmente doveva rappresentare la capacità umana di riprodurre il meccanismo perfetto divino e imitava lo spostamento dell’ombra della meridiana nell’Emisfero settentrionale.
Le stelle raccontano della missione di Cook a Tahiti per ordine dell’Impero inglese: egli doveva permettere l’avanzamento delle conoscenze scientifiche dell’impero misurando il transito di Venere davanti al disco del Sole, un fenomeno che avviene solo ogni 108 anni, così da misurare definitivamente la distanza tra la Terra e il sole. Ma giunto a Tahiti a bordo della nave Endeavour, Cook incontrò un alto prelato locale, esule ed erede della tradizione millenaria dei Polinesiani, a cui il tenente inglese affidò la guida della sua nave ed egli navigò tra le migliaia di isolette sconosciute agli inglesi senza avere alcuna conoscenza delle stelle o di altri fenomeni scientifici. Ma gli inglesi, nonostante ne riconoscessero la superiorità, non indagarono mai su quali fossero le conoscenze ancestrali su cui egli si basava.
C’è una tradizione aborigena australiana, nella quale si usano pezzi di corteccia per inviarsi messaggi dichiarando luogo e giorno di un incontro per scambiarsi le conoscenze tecnologiche acquisite e come riferimento si usa il ciclo della luna.
La nuova frontiera sembra purtroppo prevedere che le stelle spariranno a poco a poco dalla nostra vista: prima per l’inquinamento atmosferico, poi per i satelliti artificiali che l’azienda Starlink sta mandando nello spazio, sempre di più ogni anno. Piano piano le stelle diventano testimoni insieme a noi della catastrofe ecologica che si prospetta e di cui nessuno parla. Si perderà dunque la possibilità di apprezzare la bellezza di un cielo pieno di stelle.