05 | 09 | 2025

L'Ucraina che mi hanno tramandato

Uno spaccato della Storia dell'Ucraina attraverso il vissuto di una donna che ha avuto il coraggio di narrarla al nipote, il giornalista Yaroslav Trofimov

Nel 2014 Yaroslav Trofimov, corrispondente all’estero per il Wall Street Journal, si trovava a Kabul per coprire le notizie riguardanti la giovane democrazia afghana e guardava da lontano quello che accadeva in Ucraina. Nel febbraio di quell’anno le forze armate russe avevano invaso il Donbass e la guerra di Crimea si era conclusa con l’annessione della penisola alla Russia. E mentre l’Europa rimaneva impassibile di fronte ai conflitti e dagli Stati Uniti Obama dichiarava che «non c’è niente che l’America potrebbe fare per prevenire il dominio russo sull’Ucraina», Trofimov pensava a sua nonna Debora. Era una donna forte, che era riuscita a sopravvivere a numerosi periodi bui e a uscirne trasformata, e più la richiamava alla memoria, più prendeva forma nella mente di Trofimov l’idea di un romanzo che raccontasse la storia di sua nonna all’interno della più grande Storia dell’Ucraina.

Il romanzo Non c’è posto per l’amore, qui (La nave di Teseo, 2025) è un’opera letteraria storica, ma di una storia molto contemporanea - così lo definisce il giornalista Luca Misculin in dialogo con l’autore – perché, sebbene collocato temporalmente agli inizi del secolo scorso, alcuni eventi, le dinamiche che coinvolgono Russia e Ucraina, ci parlano di qualcosa che è tragicamente attuale. E lo stile adottato da Trofimov è quello di chi vuole restituire concretezza alle persone coinvolte, per non relegarle a pedine su una scacchiera di una partita tra potenti.

Siamo tra il 1930 e il 1953. Debora, la protagonista, è una ragazza ebrea cresciuta all’interno dell’URSS, che giovanissima arriva a Kharkiv, all’epoca capitale della Repubblica socialista sovietica Ucraina, ed è abbagliata da questa città vivace in pieno fermento, che stava vivendo il cosiddetto rinascimento ucraino. Pare difficile immaginarlo oggi che Kharkiv è presa costantemente d'assalto dall'esercito russo, ma per le sue strade all'epoca si respirava il benessere promesso dal progresso socialista. Pian piano, però, il declino mostra le sue prime manifestazioni, l'interesse del governo di Stalin non è indirizzato alla prosperità delle singole repubbliche per mantenere una grande Unione, ma punta a rendere ogni stato dell'URSS un territorio vassallo del suo ideale Impero russo socialista.

Il confronto che Debora ha con la sua amica Olena, proveniente dalle campagne ucraine, le rende ancora più evidente la direzione verso cui la Storia si sta dirigendo. Lontano dalla scintillante vita di città, la gente viene affamata dalle fattorie collettive che privano la popolazione dei viveri e ne impediscono un nuovo rifornimento al di fuori dei villaggi. La carestia artificiale di Holodomor fu il mezzo attraverso cui Stalin represse le rivolte indipendentiste delle campagne, che storicamente sono sempre state territori in cui la libertà veniva difesa strenuamente. «Sotto i kulaki eravamo schiavi, sotto gli zar eravamo schiavi e ora siamo schiavi delle fattorie collettive» dice Zinaida, la madre di Olena. La Seconda guerra mondiale aumenta la gravità della tragedia in Ucraina, in un crescendo in cui la protagonista dovrà pagare il prezzo che grava sui sopravvissuti per non finire nel tritacarne della storia: essere furbi o diventare cattivi.

La storia di Debora è una storia comune, ed è una storia che da sempre la Russia vuole cancellare. Ancora oggi, quando le truppe russe entrano nelle città ucraine, tra i loro primi obiettivi vi sono i monumenti che ricordano la resistenza ucraina e le vittime di tragedie come la carestia di Holodomor, che ha fatto 4 milioni di vittime su una popolazione che nel 1920 era circa 30 milioni. L'Ucraina sembra rinchiusa in un loop di corsi e ricorsi storici caratterizzato dalla minaccia russa per l'eliminazione della sua identità, e non è l'unica nazione in Europa a coltivare tale timore. In realtà, la stessa minaccia interessa tutto il Vecchio continente, perché il maggiore atto di violenza che la Russia perpetra è la mistificazione della realtà. La propaganda della confusione di Putin, che mescola il vero con il falso, annichilisce i russi stessi e rende inaffidabile qualsiasi voce contraria.

Da parte dell'Unione Europea il sostegno alla causa ucraina nell'attuale conflitto non viene messo in discussione; anche le destre europee, che fino a qualche anno fa si erano dette filo-putiniane, al momento non si spendono in parole di stima per chi siede al Cremlino. Eppure, vi sono vari modi, più sottili, per essere contrari agli aiuti all'Ucraina. Il commento di Yaroslav Trofimov sull'attualità, a confronto con il vissuto delle generazioni che lo hanno preceduto, è il seguente:

«Si può dire di essere contro gli aiuti all'Ucraina dicendo di essere pro-pace. Pace è una parola molto complicata e io non credo che lasciare gli ucraini indifesi sia pro-pace, questa è la pace del cimitero»