«Che cosa significa esseri umani?»
A provare a rispondere a questa domanda è stato per primo il pubblico: decine di parole scelte dagli spettatori sono state proiettate su un monitor e, fra le molte, alcune hanno catturato l’attenzione di Vittorio Gallese e Ugo Morelli. Il primo termine su cui i due autori hanno voluto fare subito chiarezza è stato empatia, cercando di togliere alla parola quell’aura di positività con la quale normalmente viene utilizzata.
Impropriamente, infatti, spesso l’empatia viene associata all’essere buoni, con un ragionamento oppositivo per cui ci sarebbe chi è empatico e chi non lo è. Ma subito Gallese ci dimostra, prendendo un esempio negativo estremo, che anche un torturatore è capace di essere empatico, in quanto è in grado di capire esattamente cosa fa soffrire un’altra persona. La responsabilità individuale quindi consiste in che uso facciamo dell’empatia, se la usiamo per aiutare e cooperare con gli altri oppure per offendere.
La seconda parola critica che è stata individuata sia dal pubblico che dagli autori è consapevolezza. Si è soliti affermare infatti che se aumentasse la consapevolezza, per esempio, sulla crisi climatica, allora noi cambieremmo il nostro comportamento. Eppure Gallese sottolinea che «affinché si produca un reale cambiamento non basta possedere la consapevolezza, ma serve il primato dell’azione». Ma chi sperimenta in prima persona cosa significhi diventare umani sono soprattutto gli adolescenti.
Nella seconda parte dell’incontro si è parlato quindi del ruolo della scuola e dell’istruzione, anche in maniera apertamente critica. Grazie a un esperimento mentale i due studiosi sono diventati temporaneamente ministri dell’istruzione e del merito, passando così in rassegna tutte le problematiche che nella loro ottica andrebbero risolte. La loro tesi di fondo è che, visto che al giorno d’oggi l’informazione è raggiungibile con un click, bisogna stimolare l’educazione al posto della mera acquisizione di nozioni. Al fine di raggiungere questo importante obiettivo, risulta necessario esercitare il senso critico dei ragazzi incoraggiandoli a porre sempre più domande. Secondo il parere di Morelli non si sta sviluppando sufficientemente la loro curiosità e, citando una statistica internazionale, sostiene che meno del 20% del patrimonio conoscitivo di una persona viene imparato a scuola. Gallese lancia una proposta interessante per rivalutare quella che attualmente viene chiamata ora di educazione civica: ogni alunno dovrebbe, sfruttando degli appositi caschi virtuali, incarnarsi in un avatar di un’altra persona completamente diversa da se stessa, con l’intenzione di far diminuire i pregiudizi legati al sesso o alla provenienza.
L’ultimo punto analizzato dagli autori è stato la sburocratizzazione dell’attività didattica, a loro dire fondamentale per poter lasciar spazio alla ricerca e all’innovazione della didattica. Ma i due autori non si sono limitati a raccogliere le parole suggerite dal pubblico. Nel loro libro Umani. Come, perché, da quanto tempo e fino a quando? si trovano infatti anche diversi neologismi. Per definire un nuovo tipo di persona, ad esempio, viene utilizzato il termine "condividuo," parola che nasce dalla necessità di superare il concetto di individuo. Fin dalle prime fasi del nostro sviluppo in utero, quello che fa nascere il sé è la relazione con l’altro, in primis con il corpo della madre. L’assunto che l’uomo è un essere politico si dimostra dunque veritiero, essendo la nostra vita un costante processo di negoziazione e di relazione con l’altro.
Dunque che cosa significa essere umani? Secondo Gallese e Morelli il segreto per capire se stessi è passare dalla visione statica a quella dinamica dell’individuo e questo non vuol dire che scompaia la mia singolarità, ma semplicemente che «è nella relazione con gli altri che divengo me stesso».