07 | 09 | 2024

Madre o non madre. Voi che dite?

Le provocazioni sul senso della maternità

Il desiderio di maternità e la scelta di avere o non avere un figlio riguardano la sfera più intima della donna, che convive, spesso, con svariate emozioni: la speranza, la gioia, il timore di non farcela, il turbamento e le paure per il futuro. La drammaturga e attrice Chiara Lagani, ispirandosi al libro Maternità di Sheila Heti (Sellerio, 2019), fa un'analisi accurata della voglia o della necessità di diventare madre, dialogando con sé stessa e con il pubblico in sala.

L'attrice, che si presenta come Sheila Heti, pone una serie di domande e per rispondere ad alcune di esse chiede l'aiuto dei presenti, dotati di un telecomando tramite il quale possono votare la risposta che desiderano dare. Si innesca così una sorta di botta e risposta, sul quale si costruiscono le perplessità di una donna che non sa decidersi, che da una parte vorrebbe un figlio e dall'altra trema all'idea di ciò che questo comporta. Provocazioni e sarcasmo caratterizzano l'intero spettacolo, che affronta tematiche di rilievo e di grande sensibilità. Una di esse è il giudizio. Una donna che si interroga sul senso di maternità, che si informa, si confronta con i medici, con gli amici e con il suo compagno, non arrivando mai a una decisione che possa essere accettabile, come viene giudicata? Cosa rappresenta il giudizio?

«Come devo immaginare il giudizio? Per me è simile a un coltello, grande, con il manico nero, grosso, in plastica. Secondo voi? Lo immaginate così, oppure sottile come un fendente, con il manico in legno e intagliato?».

Il pubblico vota la seconda opzione, immaginando il giudizio con una faccia elegante, ma profondamente tagliente. Le sentenze, quelle gratuite, pungenti, sferzanti sono dolorose e arrivano per penetrare nel pensiero e nell'anima. È giusto giudicare chi sta riflettendo sulla propria vita, chi sta prendendo decisioni sul suo futuro? Chiara Lagani, con amara ironia, sottolinea quanto sentenziare sia accusatorio e logorante.

Le sue amiche stanno progettando di avere un figlio, alcune ne hanno già avuti, altre sono madri e sono in procinto di averne ancora.

«Sento qualcosa che mi tocca la spalla. Mi giro e vedo la mia amica Mairon. È incinta all'ottavo mese e mi dice che anche la sua cagnolina è gravida e partorirà otto cuccioli. Mi chiede se ne voglio uno e penso che no, un cane no, non posso prenderlo».

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La donna si ritrova di fronte a una scelta che sembra molto difficile e a tratti impossibile. Si pone mille domande e a un certo punto, casualmente, incontra una veggente, alla quale si affida senza alcuna esitazione. Sembra che Sheila sia vittima del malocchio e che anche sua madre abbia subito una maledizione. L'indovina appoggia la mano sul grembo per aiutarla a espellere il male.

«Mi chiede di spingere, come se stessi partorendo. Ecco che vede la testa e poi un pezzo del corpo e poi le gambe. Ecco è fuori! Ora puoi fare quello che vuoi, mi dice».

Fa sogni ricorrenti Sheila, dovuti all'ansia della ricerca, ai dubbi che la assalgono in ogni momento, a una serie di indagini che fa per diventare o non diventare madre. Sogna prima un bimbo e poi una bellissima bimba, vede il mare, la spiaggia, gioca con la figlia, che scompare alla sua vista e poi l'angoscia, il terrore, le domande.

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E della sorte che si può dire? A tal proposito l'idea che emerge sembra chiara: ogni giovane donna ha il proprio destino segnato da quel processo, unito al desiderio, che le impone di diventare madre. Imporre? In fondo, si può scegliere la maternità. Ma è proprio vero? Provi una giovane ad ammettere pubblicamente di non voler diventare mamma, di non avere il senso materno. Che ci provi! Arriverà, inesorabile, il giudizio a scagliarle una pietra contro.

Chiara Lagani pone l'accento sulle polemiche che ruotano intorno al tema della maternità, sull'esagerato interesse circa le scelte della donna, giustificato da una collettività curiosa, impertinente e ficcanaso. Impicciarsi dei fatti che riguardano l'utero di chicchessia sembra quasi un dovere. L'attrice è da sola sul palco, ma non fa un monologo: si presenta a chi le sta di fronte non come una vittima, pronta a un dialogo sulla maternità in cui è intenzionata a interagire senza subire. Vuole capire cosa si prova ad avere figli e a non averne. E si tratta di maternità, di utero, di rapporto madre figlio sin dal grembo; non si parla mai di genitorialità. La donna deve decidere se diventare mamma e a volte non sa cosa fare. L'ultima implicita domanda che Sheila lascia senza una risposta: la perdoniamo per questo o la giudichiamo?