05 | 09 | 2025

Magiche rivoluzioni, tra critica e incanto

Una mattinata in «esplorazione estetica del mistero»: magia, divulgazione e militanza con Mariano Tomatis.

Nel 1777, Giuseppe II d’Asburgo, figlio di Maria Teresa d’Austria, fondatrice eponima della biblioteca di Mantova, è a Parigi: nascondendosi sotto il nome di Conte di Falkenstein, il principe assiste in incognito a spettacoli di maghi e illusionisti. Chissà se madre e figlio potevano immaginare che qualche secolo dopo, nelle stesse sale della biblioteca di teresiana fondazione, si sarebbe parlato proprio di magia.

Di certo non nel modo in cui lo fa Mariano Tomatis, scrittore e illusionista, da anni impegnato in indagini storiche sull’illusionismo e nella sua divulgazione, enfatizzandone i risvolti politici e filosofici.

Destreggiandosi tra manoscritti dal XVI al XIX secolo, crani che parlano e giochi di prestigio, Tomatis accompagna il pubblico in una riscoperta di alcuni testi e trattati sul magico, proprio a partire dagli scaffali della biblioteca, proponendone al contempo una rilettura che possa mettere in comunicazione passato e presente.

Ecco che allora Benedetto Pereira, nel suo De Magia (1592) affronta i misteri intorno alla leggendaria testa parlante di Alberto Magno, e mentre nei suoi studi cerca di esorcizzare l'inquietudine che sorge dal rapporto dell’umano con l’automa, inevitabilmente ricorda al pubblico la voce sintetica dell’AI, cui oggi spetta il ruolo di «macchina meravigliosa», in oscillazione tra lo stupore e lo spavento.

Segue Jacopo Barozzi da Vignola, architetto di San Pietro ed esperto di illusioni ottiche, che con Le due regole della prospettiva pratica (1644) spiega ai suoi lettori i principi dei giochi di specchi, facendosi insegnante di regole che stanno alla base dei giochi visivi che ancora oggi spalancano il nostro stupore.

Ma, si chiede Tomatis, come può l’arte dei maghi e degli illusionisti, storicamente tramutatasi in intrattenimento borghese, parlare ad un pubblico eterogeneo e popolare?

Innanzitutto, proponendo un nuovo modello di spettacolo che non segua per forza la performance «machista», orientata all’exploit finale, e inserendo il margine umano d’errore anche nel ventaglio di possibilità del mago; e poi si può fare, come abilmente fa Tomatis, portando in scena storie che smascherino le contraddizioni e gli stereotipi, così come narrazioni alternative e forti che offrano strumenti per fronteggiarle.

In questo modo, il magico riacquista il suo antico potere. Con le parole di Tomatis,

Mettendo in scena qualcosa di magico, l’esibizione di un illusionista sfida i confini di ciò che è possibile; [...] opportunamente contestualizzata, l’esperienza dello stupore può avere effetti emancipanti e trasformativi perché dilata lo spazio delle possibilità, spalanca le porte all’impensabile, conduce fuori dalla zona di comfort e costringe a osservare la realtà con occhi nuovi. Presentata in quest’ottica, la magia dei prestigiatori può diventare uno strumento per incrinare le visioni del mondo dominanti e stimolare l’immaginazione a concepire scenari alternativi.

Nel lavoro quotidiano di Tomatis, la magia si coniuga attivamente con la militanza e si fa gesto politico, in particolar modo perché l'autore sa utilizzare la sua grande potenza narrativa per raccontare storie da una prospettiva diversa rispetto quella cui siamo abituati.

Uno tra tutti, è d’esempio il suo progetto Donne a metà, un documentario disponibile su Youtube che, partendo dalla domanda amaramente provocatoria “Perché sono sempre le donne ad essere tagliate in due dagli uomini?” affronta con acuta critica la dinamica della violenza di genere.

E ancora, portando sotto gli occhi del pubblico il Compendio della vita di Cagliostro (1791), un altro manoscritto presente in Teresiana, Tomatis ribalta la prospettiva sul famoso mago palermitano: non più un’icona di cui andare fieri, ma un uomo autore di molteplici abusi, sia nei confronti della moglie, Lorenza Serafina Feliciani – oggetto di vittimizzazione secondaria ad opera della giustizia del suo tempo – sia di molte delle sue assistenti.

«Scopo ultimo della magia non è ingannare il prossimo ma incoraggiare un approccio verso la vita e il cosmo pieno di meraviglia» diceva Sam Sharpe, ed è certo che in questo Mariano Tomatis è maestro. Non solo: intrecciando la critica allo stupore, l’autore riesce a proporre «forme di resistenza ad un racconto altrimenti monocorde» senza con ciò rinunciare a divertire e a sorprendere il pubblico.