07 | 09 | 2025

«Noi abbiamo capito, i maschi li stiamo aspettando»

Il pensiero femminile da oggetto a soggetto di desiderio

Pensiero osceno. Lo scandalo delle donne che pensano è «un libro che fa molto bene al cervello e male al cuore» - due entità indissolubilmente legate - e permette di leggere della riflessione autentica e critica delle donne, comprendere più in profondità tutta la fatica che è stata fatta, l’originalità messa in moto, esercitata e, spesso, pagata in prima persona. Così esordisce Annalena Benini, assieme a Lidia Ravera, per presentare la pubblicazione di Annarosa Buttarelli, un’opera che porta con sé la conferma - e conseguente dolore - della tirannia degli uomini sulla storia, le relazioni, la filosofia, il sentire, la vita privata e pubblica.

La più tragica delle immagini della concezione femminile è essere cancellate dalla cultura, schiave della natura: l’autrice riesce a raccontare questa esclusione drammatica dal mondo culturale in un libro stimolante che non segue la ben più semplice strada del piagnisteo volto a recriminare l’assenza ingiustificata da ciò che è sempre stato di proprio diritto, ma è altresì un testo che si legge con gioia per la qualità del pensiero critico femminile mista alla rabbia per la marginalità delle suddette riflessioni, poi non riconosciute.

Buttarelli prosegue spiegando la genesi di quest’opera, nata da «un percorso che è obbligato», che è impossibile da non intraprendere se si ha a cuore la vita delle comunità e delle relazioni che proliferano al loro interno. Infatti, capita ancora di sentire dichiarazioni e ricerche filosofiche che sfuggono alla scientificità e all'inaffidabilità di temi elaborati escludendo i pensieri femminili; ciò si riversa nella separazione in due della forma mentis, senza possibilità di dialogo tra i due estremi della realtà umana dell’essere/non essere, portando avanti una forma di cultura dicotomica, cioè un disastro che sta mettendo in pericolo tutto il mondo: una visione che le grandi filosofe del secolo scorso avevano già ampiamente previsto e anticipato, senza aver avuto ascolto.

Nessuno si pone il problema della misoginia che ha impedito alle donne di evitare ciò che sta accadendo oggigiorno, donne che sono state bruciate, incarcerate, internate, solo per aver detto la verità; non si tratta solo di una mera questione di militanza femminista, bensì è soprattutto questione etica, civile e scientifica, in un mondo dove il problema è rappresentato dall’altro, dal diverso e non si è in grado di rapportarsi ad esso. Come riporta l’autrice: «il conflitto è l’arte della pace».

Per Benini, la banalità del male va di pari passo con la radicalità del bene, che porta con sé solitudine, rocciosità e un dolore scaturito dalla differenza dal modo maschile di pensare: le donne cercano una rivoluzione che non ha sete di vittime, offrendo invece loro stesse come campo di battaglia e donando la loro vita ed emarginazione, arrivando a pensare che forse non ne valga la pena di tutto questo tormento.

Ravera conclude spiegando come la riluttanza a servirsi dal piatto del potere - e si tratta qui del potere di poter fare - vada a braccetto con un eccesso di umiltà che a sua volta tradisce un senso di sottovalutazione. Bisogna imparare ad essere soggetti di desiderio e non più oggetti, perché «noi abbiamo capito, i maschi li stiamo aspettando».