«Armistead Maupin è stato un precursore fondamentale da tantissimi punti di vista» esordisce lo scrittore Peter Florence nel presentare il protagonista di un incontro in cui l’ironia e la leggerezza hanno fatto da controcanto alle battaglie per i diritti civili.
Nato in uno degli Stati più conservatori degli USA, Armistead Maupin cresce nella Carolina del Nord in una famiglia in cui i genitori non potevano essere più diversi: la madre Diana, fonte di dolcezza e accoglienza, che ha sempre incoraggiato il figlio nella sua carriera di scrittore, e il padre Armistead Sr., dai modi burberi e linguaggio violento, apertamente razzista nei confronti di neri ed ebrei in modo del tutto incomprensibile per il resto della famiglia. Eppure, anche in questo ambiente chiuso nel proprio bigottismo, Armistead Jr. ha avuto occasione di incontrare delle persone che lo hanno spronato a intraprendere la carriera di scrittore.
Maupin parla con dolcezza della signora Peacock, la sua insegnante delle superiori che a 17 anni lo pescò in mezzo alla classe, dicendogli chiaramente che la letteratura sarebbe stata la sua strada, e che durante una presentazione letteraria per cui il giovane Armistead aveva scelto il tema del sonno, l'insegnante gli rese omaggio addormentandosi in platea. Dopo aver tentato una laurea in legge ed essere stato arruolato nella United States Navy, rientra negli Stati Uniti dal Vietnam e si trasferisce quasi trentenne nella progressista California. A San Francisco arriva con una certa consapevolezza della sua sessualità, ma ancora influenzato dalla ristrettezza mentale dei luoghi e delle persone da cui era stato circondato fino a quel momento.
San Francisco lo fece uscire per la prima volta dal suo background e gli mostró un'umanità più libera, «più civilizzata di quanto non fossi io», dichiara l'autore. Una città bohemien, vivace, divertente, abitata da squattrinati accomunati dalla stessa voglia di «vivere, esplorare e cercare la felicità». Il suo cambiamento logistico fu accompagnato da una nuova avventura lavorativa al San Francisco Chronicle, in cui il suo capo redattore accettò che curasse una serie quotidiana di racconti ambientati a San Francisco, poi raccolti nel volume Tales of the City o I racconti di San Francisco (BUR, 2004).
I racconti che Maupin pubblicò dal 1976 si trasformarono anche in una miniserie del 1993, e costituiscono una pietra miliare della letteratura LGBTQ+ per la schiettezza con cui viene portata su carta l'esperienza dei personaggi nel vivere la propria sessualità, parlando apertamente di transessualità e sesso omosessuale. Maupin fu anche il primo scrittore americano che introdusse un personaggio vittima da AIDS nei suoi romanzi. Le sue colonne sul Chronicle suscitarono una forte curiosità in tutto il suo pubblico, specialmente nelle persone etero, che non vedevano l'ora di scoprire di più riguardo ciò che loro non potevano vivere; se invece tra i suoi lettori qualcuno si fosse indignato, lui non è mai venuto a saperlo.
A più di ottant'anni, Armistead Maupin ci coinvolge con il suo spirito giocoso, la forza con cui si batte affinché alcuna forma d'amore venga taciuta, ma anzi resa libera e fruibile a chiunque. Con le sue opere ha creato lo stesso terreno fertile che San Francisco è stato per lui e le sue pagine sono ancora un luogo di libera esplorazione, dove tanti suoi lettori hanno avuto modo di potersi riconoscere e di sentirsi finalmente accettati, a differenza del mondo in cui ci muoviamo quotidianamente, che a tratti non si mostra granché accogliente.