07 | 09 | 2024

Piegare la realtà

Claudia Durastanti e Giorgia Tolfo raccontano la scrittura dei loro ultimi libri

Miss Italia (La nave di Teseo, 2024) di Claudia Durastanti e Magnifico e tremendo stava l’amore (Einaudi, 2024) di Maria Grazia Calandrone sono due romanzi apparentemente molto diversi. Ciò che vuole fare Giorgia Tolfo, in compagnia delle autrici, è dimostrare che invece sono lavori più affini di quanto possano apparire.

Si chiacchera della genesi del libro: nel caso di Miss Italia di Claudia Durastanti si tratta di un romanzo che nasce nel 2020, periodo in cui sono coincisi l’esaurimento della spinta autobiografica (dopo la pubblicazione de La straniera) e l’impossibilità di parlare della crisi pandemica in medias res. Questa tabula rasa pareva il momento ideale per tentare di inventare una storia, nonostante non si sentisse propriamente una fabbricante di narrativa. Miss Italia per Tolfo è un lavoro trasgressivo perché attraversa tre tempi attraverso la storia di tre donne lucane: l’era dei tumulti post risorgimentali, gli anni del dopoguerra e un futuro utopico. L’idea di fondo era legare con un fil rouge la vicenda di tre donne attraverso un iper oggetto, il carbone, e porlo al centro del romanzo. Al contempo, raccontare una rete di corrispondenze invisibili tra delle donne che non si trovano più subordinate a una genealogia parentale o sentimentale.

La palla passa a Maria Grazia Calandrone. Nel caso di Magnifico e tremendo stava l’amore, la genesi risale al 2013 durante un programma condotto da Franca Leosini. Qui scopre la storia di una donna, Luciana, che dopo vent’anni di violenza subita dal marito lo uccide. Calandrone avverte subito una forte sinergia tra la storia di Luciana e quella della madre Lucia: entrambe sono donne forti e di carattere, entrambe sono state vittima di violenza. E poi ritorna anche il Tevere, luogo in cui sono stati scagliati i corpi del marito di Luciana, Domenico, e quello della madre suicida. Luciana non voleva rievocare la vicenda, Calandrone decide così di consultare gli archivi di Stato per scrivere il proprio libro. Si getta di corpo tra le carte del processo, sentendo subito di possedere la storia di Domenico e Luciana, li vede come personaggi letterari, come dei fantasmi che la ossessionano. «È successo qualcosa di alchemico» afferma, inizia a ripercorre la loro storia girando le vie di Roma dove hanno vissuto.

Troviamo subito un primo contatto tra le due autrici quando Tolfo inizia indagare il rapporto tra la storia collettiva e individuale: sono entrambi romanzi derivati dalla ricerca e l’indagine della prima persona, profondamente radicate al luogo in cui si svolgono. «Era un tentativo di appropriarsi di una storia collettiva e arrivare a un punto di fusione dove si giunge a un riverbero nella scrittura. Siamo moltitudine ciascuno in sé e ciascuno determinato dalla collettività» conferma Calandrone. Ripensa quindi a Dove non mi hai portata: in principio il suo intento non era scrivere un romanzo sulla madre Lucia, ma si ritrova a farlo quando ci vede una storia archetipica della condizione della donna negli anni '60. Non era possibile raccontare di lei senza il contesto politico, legislativo e sociale. Il suo ultimo libro pare proseguire il racconto della società italiana a partire dagli anni ’80, il decennio in cui Domenico cresce a Catanzaro. La sua storia racconta dell’emersione del berlusconismo e dell’individualismo, del mito dell’uomo vincente. Domenico emigra a Roma in cerca di un riscatto sociale che non troverà: tutto inizia a precipitare qui, inizia a sentirsi scavallato da tutti i fronti dalla moglie Luciana, di gran lunga più in gamba di lui. Per comprendere cosa significava vivere in Italia in quegli anni si devono seguire le evoluzioni e le involuzioni delle persone.

Un ulteriore punto in discussione riguarda l’archivio come luogo in cui scavare. Claudia Durastanti pensa che l’accumulo di informazioni porti a un’inservibilità, la parola si inibisce. Quando si trova a dover reperire informazioni storiche per ricostruire il contesto in cui ambienta i primi due filoni di Miss Italia decide di procedere immaginando il panorama storico e politico, per poi cercare in un secondo momento se fossero effettivamente plausibili. Calandrone decide di colmare i vuoti attraverso gli atti del processo. Il loro scavo non è solo uno scavo tra le carte degli articoli, ma è anche uno scavare lo spazio, la Basilicata e Roma in questo caso. Si parla in entrambi i casi di uno scavo nella periferia. Secondo Durastanti – e su ciò concorda anche Calandrone – sono gli ambienti periferici, di raccordo, a essere gli spazi più poeticamente promiscui. Il privilegio di uno scrittore è anche quello di far brillare la realtà circostante come lotta.