Circa 400 anni fa, l’esploratore olandese Willem Barents si mette in viaggio per mare, con lo scopo di trovare nuove vie commerciali che conducano in Oriente. Quella di Barents si rivela però una disavventura, in quanto la nave dell’esploratore finisce incagliata nel ghiaccio siberiano. I marinai sono dunque costretti a scendere e a creare una capanna rudimentale con i resti della nave, nella quale vivranno per tre mesi. Dopo due anni, tre uomini riescono a tornare in Olanda con delle barche a remi, mentre gli altri, Barents compreso, muoiono durante il viaggio. Il diario della spedizione riscuote molto successo, viene pubblicato in diverse lingue e diventa un vero e proprio best seller.
Da questo racconto parte la riflessione di Frank Westerman, che, affascinato dalla vicenda di Barents, il cosiddetto “Cristoforo Colombo del ghiaccio”, eroe della storia olandese, decide di provare a guardare la storia da un altro punto di vista, ovvero da quello degli animali. Orsi polari, narvali, lemming… Barents viene a contatto con diversi animali siberiani, a lui sconosciuti prima della spedizione, e nel suo diario di viaggio descrive alcuni dei suoi incontri, o più spesso scontri, con questi. Westerman, dopo aver ripreso gli episodi narrati dall’esploratore, li analizza, e si interroga su quale sia stato l’effetto del primo incontro fra gli uomini e quegli animali mai visti, l’incontro con il diverso. Gli avventurieri avranno sicuramente considerato gli orsi polari come dei mostri minacciosi, ed effettivamente dovettero scontrarsi più volte con loro, ma gli orsi, invece, cosa avranno pensato degli uomini?
Se traducessimo il titolo del libro scritto da Westerman in modo letterale, invece di utilizzare il titolo italiano Bestiario artico, questo si intitolerebbe “sette animali al contrattacco”. E infatti lo scopo dell’autore è proprio quello di far valere il più possibile il punto di vista degli animali, di mostrarlo all’uomo, che difficilmente riesce a distaccarsi dalla sua visione del mondo. Westerman ritiene però che anche il termine “bestiario” sia efficace a spiegare il contenuto nel testo, in quanto i bestiari, nel Medioevo, non erano semplici descrizioni di animali, ma contemplavano una riflessione su di essi, legata a un confronto con vizi e virtù umane. Attraverso alcuni aneddoti raccolti dall’autore con molta curiosità e passione, gli animali siberiani pongono quindi una sorta di specchio davanti agli uomini, nel tentativo di mostrare a questi l’assurdità dei loro comportamenti, e di innescare una riflessione. Si crea dunque una connessione fra due mondi, un invito simbolico ad ampliare i propri orizzonti oltre i confini umani, a considerare il punto di vista dell’altro, in modo da avere una nuova consapevolezza e migliorare sé stessi e il mondo.