Seduti l’uno a fianco all’altro sul palco del Teatro Bibiena, la prima curiosità di Luca Molinari, critico e teorico dell’architettura, è conoscere quale sia lo sguardo del designer e architetto Aldo Cibic sullo spazio che spita il loro incontro. Il gioco di luci calde sugli intarsi dei palchetti, la forma raccolta della pianta a campana, la cura al dettaglio, dal soffitto decorato a finto traforo alle poltrone avvolgenti: per Cibic ogni elemento del Teatro trasmette un senso di familiarità. Il Teatro Bibiena è in assoluta continuità con i principi della progettazione di Aldo Cibic e fa da trampolino per approfondire la sua idea di architettura, in contrasto con la tendenza tutta occidentale per cui «l’architettura ha ignorato la domesticità ed è stata relegata all’interior design».
Aldo Cibic inizia da giovanissimo a lavorare al fianco di Ettore Sottsass, prendendo parte al collettivo Memphis e portando avanti la collaborazione con il grande designer italiano per più di dieci anni. Fino al 1989, anno in cui decide di staccarsi dall’influenza del maestro e intraprendere un percorso autonomo, che mostra le sue prime forme nella collezione autoprodotta Standard (1991), con un design meno iconoclasta e più umano. La sua ricerca di un’idea personale di design e architettura lo ha portato a continue sperimentazioni, avendo come scopo finale la comprensione di quali siano gli elementi che in un progetto creano un senso di accoglienza, benessere e, in ultima istanza, di felicità. Nel tempo ha allacciato numerose collaborazioni con il mondo universitario, arrivando a insegnare architettura al Politecnico di Milano e alla IUAV di Venezia, per poi approdare nei primi anni 2000 in Cina, alla Tongji University di Shanghai.
Proprio a Shangai riesce a captare nuovi stimoli. Dopo aver cercato a lungo di attuare in Italia e in Europa la sua visione di un’architettura proiettata verso spazi di interazione sociale, ha trovato l’ambiente ideale per i suoi progetti in un quartiere popolare della metropoli cinese. A Siping, un quartiere operaio adiacente all’università, Cibic ha comprato un appartamento di 34 mq e ne ha fatto una casa-manifesto del suo principio di « Accessible beauty »: ha voluto dimostrare che in una città costosa come Shangai è possibile creare il bello con un budget limitato. E a chi gli chiede se la metratura sia eccessivamente limitata per garantire il benessere di chi la abita, lui risponde che la casa è come un albergo a cui tornare la sera e la vita va vissuta al di fuori delle proprie mura, in spazi condivisi con le altre persone presenti nel quartiere.
Le architetture dallo sviluppo verticale, tanto in voga in occidente, portano a un progressivo isolamento sociale, mentre case basse di massimo quattro piani rafforzano le comunità, e vivere in un appartamento tanto piccolo, se calato in un contesto conviviale, non è più un problema. Per Cibic la crisi dei modelli urbani delle grandi metropoli trova una soluzione possibile in quella che lui ha definito «la città degli orti», ovvero abitazioni situate in parchi rurali fuori città. Il progetto include anche le campagne in una visione più ampia dell’organizzazione urbanistica. In Cina, da dieci anni a questa parte, sta prendendo forza un nuovo filone architettonico che si occupa di mettere in connessione lo spazio urbano con i paesaggi agricoli, anche per far fronte alle crisi ambientali di siccità e inaridimento dei terreni che colpiscono il paese. In questo movimento si colloca anche il designer italiano.
La sensibilità di Cibic per i temi di sostenibilità ambientale è stata l’oggetto della sua ultima sfida, che rivolge nuovamente lo sguardo in Italia. Alla Biennale di Architettura di Venezia del 2025 Aldo Cibic e Andrea Rinaldo hanno presentato il progetto Venice Forever : From Reality to Imagination, riportato nel volume omonimo, in cui gli autori stimolano le domande da porsi per affrontare le crisi odierne di Venezia. I cinque punti fondamentali della loro riflessione riguardano: il calo demografico, la gestione del turismo, il modello economico da promuovere, l’impatto ambientale e i cambiamenti nel sistema-laguna. Sebbene il progetto ricalchi le specificità di Venezia, vi sono elementi di universalità che possono aprire un dibattito su molte grandi città italiane, e la prospettiva di Aldo Cibic, in movimento tra Italia e Cina, può fornire degli spunti nuovi da cui ripartire per pensare a come costruiamo le nostre comunità.