La tendenza dell’Occidente a leggere tutto quello che non è Occidente con la lente dell’alterità è nota, ma ci si cade ancora. E a volte dei preconcetti occidentali può approfittarsi l’autocrazia.
Il giornalista Matteo Miavaldi nei suoi trenta minuti di accento racconta una storia complessa: la storia dell’idea occidentale dell’India. Racconta l’India come l’hanno vista Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante e Alberto Moravia, che la percorsero e dai tratti caratteriali delle persone che incontrarono vollero dedurre quelli tipici dell’intero popolo indiano, o almeno di quello di religione hindu.
Proprio dal reportage che scrisse Moravia, Un’idea dell’India, prende il titolo il libro di Miavaldi, Un’altra idea dell’India. Che nella sua pars destruens critica anche un altro grande testo dello sguardo occidentale sull’India, Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani (2004).
Nell’India di Terzani, racconta Miavaldi, tutti si salutano col Namasté perché «namasté» significa mi inchino all’elemento divino che è in te, e perché tutti riconoscono l’elemento divino che è negli altri. In realtà, osserva Miavaldi, «namasté» ha questa etimologia, ma oggi è usato semplicemente come un normalissimo «ciao». Se ragionassimo come Terzani, dovremmo pensare anche che ogni «addio» in italiano voglia dire che raccomandiamo la persona con cui parliamo al Creatore.
Questo non vuol dire che l’India di Terzani e Pasolini non esista: esiste eccome, e chi va a cercarla senza dubbio la trova. La trova perché «il sistema-India ci conosce a memoria», e sa cosa cerca il visitatore occidentale: i santoni, gli elefanti, i templi, i colori del mercato, un Paese rimasto fedele a sé stesso da mettere in contrapposizione al proprio che si vede ormai come completamente corrotto.
In realtà, spiega Miavaldi, anche l’India è «corrotta»: è corrotta perché è un Paese «normale», e quindi corrotto come gli altri. Con l’aggravante di dover fronteggiare una sovrappopolazione sempre più grave, che nel 2023 l’ha resa il Paese più popoloso al mondo e che la spinge, oggi, a infilarsi nelle nicchie di mercato più problematiche, dai microchip alle armi.
Ma sa come presentarsi. Ed è così che Narendra Modi, primo ministro indiano dal 2014, si presenta come uno yogico; è così che ha istituito la Giornata Internazionale dello Yoga, durante la quale insiste ogni anno su come il mondo sarebbe migliore se tutti facessero Yoga come lui tutte le mattine. È «un Modi di esportazione» dice Miavaldi, che poco ha a che vedere con il Modi che porta avanti ideologie di estremismo hindu ai danni della popolazione musulmana, e che incarcera con accuse di sedizione gli attivisti che protestano contro i raid, gli incendi dolosi e i linciaggi nei villaggi musulmani; che secondo gli esperti ha ormai smantellato la democrazia indiana, trasformandola in un’autocrazia elettorale. E che non fatica a farsi fotografare in atteggiamenti amichevoli un giorno con Emmanuel Macron, l’indomani con Vladimir Putin e Xi Jinping.
Che l’India diventerà una superpotenza, conclude Miavaldi, è sicuro. Che sarà interesse di questa superpotenza fare da cuscinetto fra l’Europa e la Cina, come spera l’Occidente, sarà tutto da vedere. Intanto, si può continuare a farsi le foto con gli elefanti sognando una qualche originaria purezza, oppure fare il passo e cercare di capire qualcosa in più.