05 | 09 | 2025

Silenzi archivistici di donne perdute

Melania G. Mazzucco ed Eloisa Morra presentano due romanzi che riportano alla luce vite di donne reali, artiste straordinarie dimenticate dalla memoria collettiva

In dialogo con Giorgia Tolfo, Melania G. Mazzucco ed Eloisa Morra riflettono sul valore della scrittura al femminile e sul suo ruolo nel restituire visibilità a figure cancellate dalla narrazione ufficiale.

Il loro percorso creativo nasce da una ricerca d’archivio e bibliografica, avviata da un “silenzio”: una mancanza che diventa occasione per riscattare un destino dimenticato. Tutto parte dall’incontro con un’opera d’arte realizzata da una donna, scintilla che accende il desiderio di ricostruirne la storia a partire da frammenti, testimonianze e rare immagini di repertorio. La scrittura si intreccia strettamente con la ricerca, dando origine a un legame profondo tra l’autrice e la protagonista: un inseguimento che richiama il viaggio di Orfeo ed Euridice, sospeso tra il desiderio di riportare alla luce ciò che è perduto e la consapevolezza che parte di quella realtà rimarrà per sempre inafferrabile.

Mazzucco, con Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne, dedica il romanzo a Diana Karenne (1888-1940), attrice, regista e artista polacca attiva nel cinema muto italiano. Nel ricostruirne la vicenda, si imbatte in una biografia segnata da vuoti e frammentarietà, ma anche in un contesto culturale vivace, animato da molte donne che durante la Prima guerra mondiale portarono avanti il cinema mentre gli uomini erano al fronte. Un patrimonio poi rimosso e bollato come “cinema delle donne”.

Morra, con Accendo la mia luce e divento me stessa, racconta invece Florine Stettheimer (1871-1944), pittrice e artista statunitense – ma anche scenografa, poetessa e costumista – attiva nella New York dell'Età del Jazz. La sua opera, eccentrica e poliforme, riflette una formazione tra Stati Uniti ed Europa e intreccia espressionismo e femminismo, collocandosi fuori dagli schemi della tradizione ufficiale, motivo per cui è stata a lungo marginalizzata.

Karenne e Stettheimer furono artiste “pericolose”: originali, anticonformiste, capaci di infrangere le regole del loro tempo. Figure eclettiche, che lo sguardo maschile ha spesso ridotto a stereotipi, imprigionandole in categorie rigide. La sfida di Mazzucco e Morra è stata liberarsene, per restituire un ritratto autentico e complesso di donne ribelli e non catalogabili.

La scarsità di fonti e i molti “silenzi archivistici” rendono ancora più importante una ricerca sullo sguardo femminile che sia in grado di coglierne l’anticonformismo e la forza creativa, a fronte di un mancato riconoscimento e della frequente invisibilizzazione da parte del mercato e della critica. Ne emergono due ritratti intensi e vitali, restituiti con sensibilità e attenzione.

L’incontro si conclude con una domanda di Giorgia Tolfo sul momento della “separazione”: come sia stato lasciare andare le protagoniste. Mazzucco paragona la scrittura a un’esperienza amorosa, un rapporto intimo in cui la separazione non è mai definitiva, perché il legame continua oltre la pagina.

Così, Diana Karenne e Florine Stettheimer tornano a vivere attraverso i romanzi, restituite nella loro unicità e nella loro forza. Due artiste fuori da ogni schema, capaci di sfidare il proprio tempo, che Mazzucco e Morra hanno inseguito e ritrovato, ridando loro voce, identità e memoria.