07 | 09 | 2025

Stat sua cuique dies/A ciascuno, è dato il suo giorno

Ma la Notte Virgiliana, realizzata da La compagnia della Lettura guidata da Luca Scarlini, ci ricorda che il giorno di Virgilio non è mai tramontato

La scritta Mantua me genuit (Mantova mi ha generato) campeggia sul muro del palazzo del Podestà di Mantova e saluta i visitatori che entrano al Museo Virgilio per assistere alla Notte Virgiliana, messa in scena da La compagnia della Lettura, coordinata da Luca Scarlini.

Scarlini, saggista, performer e drammaturgo, accoglie i partecipanti con un monito: ogni opera letteraria ha una storia personale che si interseca con La Storia, quella con la S maiuscola, e se questo può essere in tali casi una fortuna, in altri diventa inevitabilmente una condanna - in particolar modo se, tra lo scorrere dei tempi che fanno di autori e opere parte della propria bandiera, si inciampa in un periodo storico che ha visto dittatura, censura e repressione. È da questa associazione che in parte sorge, inevitabile, la critica che dell’Eneide fa Italo Calvino, secondo il quale Virgilio rimane un «propagandista cesareo», che ha costruito un mito «su misura, quello di Enea, militarista e bigotto, e ha scritto un poema che non ha mai entusiasmato nessuno».

Eppure è il Novecento che rivaluta l’autore, non solo filologicamente, liberandolo dall’ingiusta etichetta di 'mero imitatore di Omero', ma anche costruendo intorno al poeta e alla sua opera un grande immaginario, legato non più alla strumentalizzazione fascista della romanità potente, ma al personaggio di Enea, «meno eroe che uomo», nonché primo personaggio epico ad essere realmente portatore di storia. Virgilio si fa quindi profondo conoscitore dell'animo umano, capace di scandagliarne le paure spesso tanto simili, indifferenti allo scorrere dei millenni.

E l’obiettivo delle letture scelte da Luca Scarlini è proprio quello di riaccompagnare gli spettatori, «novelli Alighieri» alla scoperta del Virgilio visto dagli occhi, talora spersi e sofferenti, bisognosi di coraggio, del secolo scorso.

Grande protagonista – nelle parole di Scarlini «ossessionato da Enea» - di tale ritrovamento è Giorgio Caproni, che nei suoi scritti spesso riprende la figura dell’eroe troiano costretto a fuggire; è l’incontro-scontro con la città distrutta ad essere protagonista in queste prime letture. L’incontro – parola chiave nel testo– del poeta con Enea nasce dalla visione di una statua, che si trova in Piazza Bandiera, a Genova; il monumento rappresenta l’eroe in fuga, con il padre Anchise sulle spalle e il figlio Anchise al braccio, e oltre a godere dell’unicum del soggetto è anche collocata in una delle «piazze più bombardate d’Italia».

Enea è un uomo il cui destino m’ha sempre profondissimamente commosso. Figlio e nel contempo padre, Enea sofferse tutte le croci e le delizie che una tale condizione comporta. E dico, si capisce, Enea non come progenitore della stirpe Julia, di cui non m’importa gran che, sibbene come un uomo posto nel centro d’un’azione (la guerra) proprio nel momento della sua maggior solitudine: quando non potendo più appoggiarsi a nessuno (nemmeno al padre, vale a dire nemmeno alla tradizione ch’ormai cadente grava fragilissima sulle sue spalle) egli deve operare, del tutto solo, non soltanto per sostenere se stesso ma anche per sostenere chi l’ha sostenuto fino a ieri e chi al suo fianco lo segue: cioè anche per Anchise e per Ascanio, e col frutto che a questo ne seguì. Enea a Genova! Enea che, da Troia totalmente incendiata e diroccata dalla guerra, sia pure in monumento finisce la sua fuga proprio in una delle città più bombardate d’Italia.[…] resta pur sempre pungentissima questa domanda: cosa c’entra, a Genova, un monumento a Enea?

Si prosegue poi la strada nel Novecento nel nome di Thomas Bernhard, con Gente a Nozze, tratta dalla raccolta Ave Virgilio, in cui i rapporto tra passato e presente dei suoi poeti si declina specialmente nell’ottica del lacerante sentimento di amore-odio di Bernhard con la sua terra e con gli Antichi Maestri che da essa sono generati.

Tra le letture, non può poi mancare anche quella dell’Eneide stessa, ma anche qui la scelta di Scarlini non è casuale: il testo, tratto dal VI libro, è recitato a partire dalla traduzione operata – o meglio, inseguita per tutta la vita – da Giovanna Bemporad, ricordata da Scarlini come «poetessa eccellente del suo tempo, e forse proprio per questo dimenticata».

La conclusione del percorso, che era iniziata con le note di Jean Barraqué ispirate alla Morte di Virgilio di Hermann Broch, è di nuovo nel nome di Caproni, questa volta con un testo poetico tratto dalla raccolta Il passaggio di Enea (1954).

Nel pulsare del sangue del tuo Enea /solo nella catastrofe, cui sgalla / il piede ossuto la rossa fumea / bassa che arrazza il lido – Enea che in spalla / un passato che crolla tenta invano /di porre in salvo, e al rullo d’un tamburo / ch’è uno schianto di mura, per la mano / ha ancora così gracile un futuro /da non reggersi ritto. Nell’avvampo / funebre d’una fuga su una rena / che scotta ancora di sangue, che scampo / può mai esserti il mare (la falena / verde dei fari bianchi) se con lui / senti di soprassalto che nel punto, / d’estrema solitudine, sei giunto / più esatto e incerto dei nostri anni bui?