Marco Malvaldi prova, in modo provocatorio, a trasmettere l’importanza di ogni ricerca scientifica come progresso, nonostante questa riguardi talvolta processi assurdi come l’effetto Mpemba.
«I bambini sono in grado di fare domande alle quali nemmeno il più sapiente degli adulti sa rispondere». Con questa affermazione Marco Malvaldi comincia a raccontare la storia di Mpemba, ragazzo tanzaniano di 13 anni, che con una sola domanda ha innescato una discussione che, nel mondo scientifico, perdura ancora oggi. La domanda è la seguente: perché l’acqua calda congela prima di quella fredda? Può apparire assurdo, ma il giovane Mpemba aveva davvero osservato questo fenomeno: un bicchiere di latte già riscaldato nel freezer congelava più in fretta rispetto ai bicchieri di latte non preriscaldato dei suoi compagni; e in tempi più brevi. Mpemba, stupito dal fenomeno osservato, prova a ripetere più volte l’esperimento, sempre con lo stesso risultato. Interroga quindi il proprio professore di fisica, sentendosi dire in risposta che il fenomeno descritto era impossibile, poiché in contrasto con le leggi di Newton riguardo al raffreddamento.
Nessuno dunque prende in considerazione la domanda del giovane finché non arriva il professor Osborne, che, diversamente dagli altri, è colpito dal fenomeno descritto da Mpemba e conduce degli esperimenti per cercare di comprenderlo. I due studieranno il fenomeno insieme, per poi dividersi quando Osborne si sposterà per fondare nuovi dipartimenti di fisica in altre regioni africane e Mpemba deciderà di studiare per diventare direttore di parchi naturali.
Tuttavia, Osborne non si toglierà mai dalla testa il problema dell’effetto Mpemba, e durante la vecchiaia continuerà a ricercarne una spiegazione, arrivando infine a considerare la più plausibile: quella delle correnti di convezione presenti durante il raffreddamento dell’acqua calda, che vanno a creare una sorta di equilibrio termico. Anche altri studiosi propongono però le loro spiegazioni alternativa, al punto che la Royal Society of Chemistry è arrivata ad offrire un premio in denaro alla più verosimile, suscitando l’indignazione di molti e incrementando ulteriormente le ricerche.
Il finale di questa storia non è ancora scritto: ancora oggi, infatti, non esiste una spiegazione definitiva dell’effetto Mpemba e gli scienziati continuano a interrogarsi e a formulare ipotesi. A questo punto ci si potrebbe chiedere, dice Malvaldi, a cosa serva continuare a studiare questo processo. Oltre all’impiego pratico dell’effetto Mpemba nel raffreddamento dei dispositivi elettronici, possiamo rispondere con un’altra domanda, provocatoria: a cosa serve fare ricerca? Allo stesso quesito, Faraday replicò: «a cosa serve un neonato?».