12 | 09 | 2020

Tra rabbia e sogni

Enaitollah Akbari, fallimenti e speranze nella storia dei migranti

Domenico Quirico apre l’incontro dichiarando il suo fallimento. Nessun approccio: teologico, giornalistico, politico o governativo ha saputo fare il suo lavoro. Perchè se oggi Quirico rifacesse il viaggio che, nove anni fa, lo ha portato ad imbarcarsi con i migranti, naufragare e approdare sulle coste di Lampedusa, non sarebbe cambiato nulla. Non sono memorie quelle di nove anni fa, è una quotidianità che si ripete , per centinaia di persone, accomunate dalla stessa speranza per un futuro migliore.

Enaitollah Akbari arriva dall’Afghanistan e dalla collaborazione con Fabio Geda nasce un libro: Nel mare ci sono i coccodrilli . Racconta del suo viaggio verso un paese dove le persone vivono la pace, dove a otto anni non ti insegnano come imbraciare un kalashnikov e puoi correre senza il timore di pestare una mina sotterrata. L’elaborazione del passato , gli studi di Scienze Internazionali e il presente che si sedimenta e diventa raccontabile hanno permesso a Enaitollah Akbari una seconda collaborazione con Fabio Geda: Storia di un figlio. Andata e ritorno. Perché - come Quirico ci racconta - questo viaggio l’hanno fatto da soli e nessuno ha il diritto di parlare , se non i migranti stessi. Solo i migranti possono parlare di migranti.

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Quirico è incalzante, iracondo, vigoroso. Tra le sue parole sentiamo nitidamente la delusione di chi, dopo una vita dedicata a cercare di cambiare questa situazione, si trova davanti ad una realtà che rivive immutatamente questi drammi ogni giorno. A suo dire, gli americani hanno ingannato l’Afghanistan con la promessa di portare i valori della modernità e la democrazia. Enaitollah Akbari questa promessa la conosce bene, ma a differenza di Quirico, rimane speranzoso. In fondo dice: «Abbiamo sconfitto i russi con i sandali, riusciremo a badare alla nostra pace» . Vuole sognare, vuole sperare in una futura democrazia: il prezzo pagato dall’Afghanistan in questi anni è troppo alto, la distruzione ormai è stata fatta. Questo popolo non ha mai vissuto la pace, ci ricorda: «io sono nato nella guerra così come mio padre è nato nella guerra».

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La modificazione antropologica dei popoli che vivono all’interno di un perenne conflitto sono evidenti: «meglio vivere con il demonio che con il terrore del demonio», recita un detto. «Gli afgani sono bravi a distruggere le cose, non a costruirle» dice un altro. Le persone non possono smettere di vivere, quindi si adattano. Interfacciarsi costantemente con la morte, con la distruzione, li ha resi orfani di cultura . Enaitollah Akbari spera di riuscire, un giorno a cambiare la politica del suo stato, partendo dall’istruzione. Perché, come recita un proverbio afgano: «Un albero puoi piegarlo quando è una piantina non quando diventa tronco».