Il sito di Festivaletteratura registra ogni giorno le variazioni degli eventi. Un autore per qualche motivo non può venire e viene sostituito, qualche volta si cambia luogo e orario, o due eventi fissati si scambiano di data. E di tutte queste cose il programma cartaceo non può dare conto. L’evento di stasera ci testimonia che il programma, per necessità, è stampato qualche mese prima del festival, ma soprattutto ci mostra come l’incontro che era previsto fra Marcello Fois e Michela Murgia sia stato organizzato, come racconta Fois stesso, come se avessero avuto davanti «un futuro infinito».
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L’evento,
nella sua forma originale, doveva essere la presentazione dell’ultima opera di
Murgia,
Tre ciotole
:
un testo anomalo, a metà fra il romanzo e la raccolta di racconti.
Un’anomalia anche nella presenza di Murgia al Festivaletteratura, che
prima mai o quasi mai aveva presentato libri suoi, e molto più era
venuta come presentatrice. E come presentatrice, dice ancora Fois,
«qualificata». Da qui una delle ragioni dell’importante ruolo che
Murgia ha sempre avuto al Festival:
la scelta di parlare poco dei suoi libri era una risposta fatta con le azioni
a chiunque interpretasse gli eventi culturali come pura autopromozione
.
«Lo scrittore che non favorisce la lettura» dice Fois «lavora
contro se stesso». E Murgia proprio questo apprezzava in Elena
Ferrante, che ha risolto il problema di promuovere se stessa più che il
testo non esistendo affatto.
Alessandro Giammei
a questo
proposito ricorda il modo di Murgia di promuovere, pochi anni fa,
Stai zitta
: «alla
fine parlava dei problemi del femminismo, di Carla Lonzi», di tutto,
tranne che di se stessa.
L’evento che ci troviamo davanti, dunque, è qualcosa di un po’ diverso: Marcello Fois e Alessandro Giammei sul palco ricordano Michela Murgia, come l’amica che è stata per loro e come l’intellettuale che è stata per molte e molti. Avrebbe dovuto esserci anche Bianca Pitzorno , ma alla fine non ha potuto essere presente, in un’ennesima piccola variazione del programma. Fois e Giammei insistono subito su un punto: al di là delle registrazioni e dei mille interventi, il modo primario per ricordare Murgia sarà leggerla . Alla domanda che in tanti si sono fatti «chi raccoglierà la fiaccola di Michela Murgia?», Giammei non ha dubbi e risponde: «Michela Murgia», cioè i suoi libri. E cita, da italianista, la lettera di Niccolò Machiavelli a Francesco Vettori , la descrizione di quando la sera l’autore entra «nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove non mi vergogno di parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte». Un’insistenza sui libri che ha due direzioni: molto insistono entrambi sul fatto che la prima professione di Murgia fosse proprio quella della lettrice; innanzitutto perché, come tanti cittadini delle province dell’impero, ai libri doveva la propria salvezza.
Per
molti libri di Murgia – molti dei moltissimi di un’autrice
grafomane – Fois e Giammei ricordano qualcosa, o ragionano su
qualche elemento. Il primo testo di cui parlano è proprio
Tre
ciotole
. Fois dice che la prima
domanda che le avrebbe fatto presentando il libro sarebbe stata:
«Michela, ma non ti sei stufata di rompere le scatole?». L’invito
di Fois e Giammei al pubblico stasera è di non fermarsi alle
apparenze.
Tre ciotole
è un libro nel quale Murgia «rompe le scatole» innanzitutto a se stessa: in molti racconti l’immagine stessa dell’autrice si
riconosce ed è sottoposta a ironia, o, meglio, dice Giammei, «a
verifica».
Un secondo elemento che viene ricordato è l’amore di Murgia per la discussione, anche teatrale. Murgia spesso si divertiva a recitare una parte estremista per spingere l’interlocutore ad andare a fondo nel suo pensiero: e infatti solo una certa miopia collettiva ha potuto vedere in lei una detrattrice di Franco Battiato quando, nella serie di video di Buon vicinato , giocava con Chiara Valerio al dibattito sofistico — o a guardia e ladri. Ancora una volta, l’invito è a scansare le banalizzazioni: le stesse banalizzazioni che volevano fare di Stai zitta un instant book per rispondere all’attacco pubblico dello psichiatra Raffaele Morelli, o di Istruzioni per diventare fascisti un «libro contro Salvini». Giammei lo associa, piuttosto, alla trattatistica rinascimentale ; e siccome nessuno è profeta in patria, nel Regno Unito questo libro è venduto come un testo erede dei pamphlet di Milton.
L’incontro – piazza Castello gremita, le due lunghe standing ovation, all’inizio e alla fine – è anche la presa di coscienza del lascito di Murgia nei suoi ultimi mesi di vita. Giammei ricorda come l’esempio di Murgia abbia mostrato che non si può vergognarsi della malattia e che non si dovrebbe volerla nascondere, «perché siamo noi»: ed entrambi si soffermano a raccontare quanto difficile fosse avere davvero paura accanto a una donna che andava a teatro fino a pochi giorni prima di essere ospedalizzata.
Sono stati anche i mesi nei quali Murgia ha parlato distesamente, e in un modo che negli ambienti mainstream italiani prima non esisteva, della sua famiglia e della queerness della sua famiglia: dell’idea che la famiglia si debba scegliere e non subire perché determinata dal sangue; ma anche che questi due legami, scelta e sangue, non debbano per forza essere in contraddizione. Fois chiude l’incontro ribandendo che questa libertà di scelta in un paese civile è possibile. «Ora» conclude «proviamo a conquistarcela».
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