Un grande romanzo europeo
che parla di confini fisici e invisibili, di Est e Ovest
, di sguardi su un
altro
vicino eppure facilmente frainteso, che va al di là dell’Europa dei caffè di George Steiner. Così
Federica Manzon
introduce
la scrittrice e traduttrice tedesca
Antje Rávik Strubel
e il suo romanzo
Donna blu
, vincitore del Deutscher Buchpreis nel 2021.
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Già nella sua struttura essenziale il libro è un crogiolo di lingue, identità, pensieri. Adina, la giovane protagonista, è ceca e figlia della Rivoluzione di Velluto , «l’ultima dei mohicani» del suo paesino di montagna, in cui gli unici ragazzini sono presenze passeggere legate alla stagione sciistica. Con il mito dell’Occidente, la giovane si trasferisce a Berlino per cercare le migliori possibilità tanto agognate e pubblicizzate. Questo è solo il primo dei tanti confini europei che decide di attraversare, sino a trasferirsi a Helsinki, dove incontra il politologo e europarlamentare estone Leonidas. Non è un caso che si incontrino proprio nella città scandinava, perché «la Finlandia è la cerniera tra l’Est e l’Ovest: anima russa, design scandinavo». I due protagonisti si incontrano a metà strada, su un terreno comune rappresentato da Helsinki, ma anche dall’uso dell’inglese. La vita nella capitale finlandese con Leonidas, tra l’altro, mostra alla ragazza – proprio come è successo ad Antje Rávik Strubel – una prospettiva sull’Europa completamente diversa da quella cui è stata abituata nel suo paesino tra i Monti dei Giganti, ma anche a Berlino. Come dice Leonidas, « l’Europa orientale e l’Europa occidentale sono diverse non solo da un punto di vista geografico, ma anche per quanto riguarda la cognizione del tempo . Mentre l’Occidente ha ritenuto conclusa la formazione di un’identità europea con il superamento delle esperienze della Seconda guerra mondiale, nei paesi del blocco dell’Est i ricordi di guerra, congelati per decenni nell’oblio organizzato, si sono disgelati solo dopo il crollo del regime sovietico. […] E così gli uni guardano avanti e gli altri guardano indietro ».
C’è, in effetti, un continuo cambio di sguardi e prospettive discordi e incapaci di comunicare in tutto il libro, e spesso Adina si ritrova a lottare contro le imprecisioni e generalizzazioni di varia natura che le vengono imposte: lei è ceca, e non russa; lei viene dall’Europa Centrale, e non dall’Est. Queste etichette oscillano tra la fascinazione esotica e l’offensivo, con un sottofondo sempre comune: lei rimane sempre e comunque una donna dell’Est Europa, con tutte le implicazioni e i luoghi comuni del caso.
In tal senso, Donna blu non affronta solo la dicotomia tra Est e Ovest, ma anche tra uomo e donna, mostrando soprattutto dinamiche di squilibrio di potere. Adina, infatti, è vittima di violenza e si trova in una posizione di totale svantaggio: lei è ceca, lui tedesco; lei è una stagista, lui un politico; lei è una donna che deve costruirsi una credibilità, lui è un uomo a cui è concesso di sgarrare con più magnanimità. Per plasmare il percorso di Adina attraverso la violenza e il trauma, Antje Rávik Strubel si è rivolta a penalisti e giudici del settore, approfondendo e studiando casi in cui emergono tutte le crepe del sistema, i pregiudizi e il gap tra i generi.
Come rivela lei stessa al pubblico di Festivaletteratura, dopo le ricerche sulle fonti, la storia era diventata così «struggente e aberrante» e lei così piena di ira da paventare l’idea di abbandonare il romanzo. Solo due figure hanno garantito un finale – seppure aperto – per la storia di Adina: l’attivista Kristiina, che accetta di occuparsi del suo caso di violenza, e Donna blu. Senza articolo e senza definizioni linguistiche, Donna blu ha lo stesso colore del Sehnsucht e del mare , e appare ad Adina tra i numerosi moli di Helsinki, quasi inspiegabilmente come è successo nella mente dell’autrice durante la stesura del romanzo. È inafferrabile ma aperta, si sposta di continuo, cresce, cambia identità . Chiedere chi sia realmente Donna blu ad Antje Rávik Strubel non è concesso, eppure di una cosa il lettore può essere certo: con il suo essere onirica e ferrea al tempo stesso, questa figura misteriosa è colei che garantisce la proiezione verso il futuro di Adina.