07 | 09 | 2025

Vasco brondi e la forza delle parole

Scrittura e musica: da dove nascono le parole a chi le ascolta. facendo un "pop-impopolare"

Vasco Brondi, cantautore e scrittore, ha imparato a usare le parole come ingredienti per i suoi cocktail creativi: libri e canzoni nello stesso menu. L’ex leader de Le Luci della Centrale Elettrica racconta che alla base dei suoi lavori ci sono due forze opposte.

«La musica arriva anche da ferma. All’improvviso prendo la chitarra e comincio a suonare» confida. «È una forza misteriosa: non so da dove arrivi, né dove mi porterà. Succede, e io mi lascio guidare». La scrittura, invece, è un processo più consapevole: nasce dalla disciplina, dalla lettura, dal tempo dedicato al pensiero. «La musica mi spaventa di più», ammette Brondi. «Non sapere quando arriverà né cosa dirò mi costringe, riascoltando poi la canzone è uscita, a guardare dentro me stesso, a scoprire lati rimasti sepolti chissà dove. È come un conto da pagare».

Icona degli anni Zero, Vasco Brondi ha raccontato un’epoca segnata da ansie e entusiasmi – per lo più immotivati – oltre che una rinnovata vivacità delle città più piccole. A Ferrara, dove è cresciuto, vede le “luci della centrale elettrica”, che daranno il nome al suo progetto musicale. «Il contesto non metropolitano aiuta, se fai il mio mestiere. So che non vivrò a Milano per sempre». Per creare spazio dentro di sè, Brondi si affida alla meditazione e ai libri, che definisce «i migliori compagni». La televisione invece resta ai margini: «In vita mia ho visto solo tre serie tv. Non è spocchia, è che non ne sono abituato. Ma lasciatemi perdere, sono pesantissimo» scherza.

La scrittura per Brondi è cambiata negli anni, diventando più ragionata e stratificata. «Tutto è iniziato con un blog», ricorda. «Quando non ti legge nessuno sei più libero, ma quando i lettori aumentano cominci a schermarti. Mi sembrava di non proteggere l’intimità dei miei giorni e, allo stesso tempo, di mentire a chi mi seguiva. Non è stato facile trovare un equilibrio, ma ci sono riuscito».

Oggi è consapevole che ogni suo testo sarà “pubblico”, ma non intende mai essere compiacente o ruffiano. «Molti scrivono per altri ed è bellissimo, ma non fa per me. Temo di perdere autenticità se non parlo di cose che, almeno alla lontana, mi appartengono».

Questa ricerca di autenticità trova la sua massima espressione nell’album Un segno di vita (2024), nato «con l’ambizione di creare un disco pop-impopolare». Brondi rifiuta la semplificazione forzata dei contenuti: «La complessità non va demolita per renderla più digeribile: va spiegata». E così accanto al disco, troviamo il Piccolo manuale di pop-impopolare, un compendio che va proprio in questa direzione. L’album porta con sé un forte legame con la letteratura e con i luoghi che lo hanno ispirato. «Abbiamo registrato nella casa-rifugio di Paolo Cognetti, a 2.500 metri di quota. Oggi, grazie alla tecnologia, puoi incidere quasi ovunque» racconta. Il disco affronta i temi di Brondi: amore, contemporaneità, conflitto interiore e sociale, mantenendo sempre una tensione poetica, anche in un panorama musicale in continua evoluzione. Brondi ricorda con ironia quando, durante le registrazioni di uno dei primi dischi della band, si sono accorti che qualcuno, nel nostro casolare, aveva appeso dei CD ai cornicioni per scacciare i piccioni. «Noi, nel frattempo, stavamo creando il nostro album! Vi rendete conto?», ride insieme a Luca Misculine Piazza San Sebastiano.

Brondi al Festivaletteratura 2025 ci ricorda quanto è importante un buon livello di fedeltà a noi stessi, senza indugiare ad affermare il nostro modo di vedere il mondo. Ma consapevoli che, se la volontà è condividere qualcosa a un pubblico, le persone devono potersi emozionare con noi.