06 | 09 | 2025

VOLUME! Si balla meglio sulla musica brutta

ll "VOLUME!" Altissimo di Ariele Frizzante dopo la Lavagna di Piazza Mantegna

Immaginate un grafico, tracciato con mano sicura, in cui sull’asse delle ascisse scorrono le decadi – dagli anni ’50 fino a oggi – e su quello delle ordinate brillano piccole stelle: da una per il gradino più basso, a cinque per l’apice assoluto. Ora figuratevi di dover distribuire queste stelle in base al vostro grado di apprezzamento per la musica di ogni epoca: il risultato somiglierebbe al grafico che Ariele Frizzante, carismatico conduttore e mattatore, ha composto alla Lavagna di Piazza Mantegna.

La folla, raccolta sotto le luci della sera, non ha indugiato attorno alle quattro stelle per Sinatra ed Elvis, icone indiscusse dei ’50, e altrettanto concorde nel tributare tre stelle a Ramazzotti e Pausini per gli anni 2000. Più esitante, invece, il giudizio sulla musica contemporanea, raramente premiata oltre le due stelle.

Frizzante, voce radiofonica e grande presenza scenica, anima la piazza con un racconto che intreccia storia della musica, evoluzione dei supporti e logiche di mercato: dal jukebox al vinile, dal CD ai file mp3, fino allo streaming. Con piglio teatrale, porta un esempio che non ammette repliche:

«Ragazzi, ma vi rendete conto? I Beatles hanno venduto 518 milioni di copie. Pezzi di vinile! Oggetti veri, scritti, stampati, trasportati e rivenduti.» Un’enormità, certo. Ma poi arriva il contraccolpo: Taylor Swift ha superato, lo scorso 1° settembre 2025, la soglia impressionante dei 109 miliardi di stream su Spotify. Ariele invita a non gridare subito al “colpevole algoritmo", perché «Hanno sempre scelto loro – le case discografiche, i distributori – cosa dovessimo ascoltare. Davvero pensate che Thriller di Michael Jackson avrebbe venduto 68 milioni di copie senza quel videoclip di quindici minuti, trasmesso in loop su MTV?»

Il pubblico ascolta, ride, annuisce. E il discorso si allarga, senza toccare le polemiche sulle canzoni di oggi e la loro brevità, spesso letta come conseguenza del presunto crollo dell’attenzione delle nuove generazioni. Frizzante ribalta la prospettiva: se viviamo in un mondo che consuma velocemente – tutti, non solo i giovani – allora anche la musica si adatta. MTV, negli anni ’80 e ’90, non trasmetteva soltanto brani: creava storie. Ascoltate Thriller su Spotify e ricorderete che il brano si apre ancora con i suoni del videoclip.

La musica cambia con noi, come cambiano i supporti e le abitudini d’ascolto. Ma la vera rivelazione arriva con l’esperimento di Ariele: un karaoke collettivo travolge Piazza Leon Battista Alberti. La giacca di paillettes luccica sotto i fari, uno shaker tintinna tra le mani, il microfono da TG locale diventa scettro di comando. Due schermi proiettano i testi: la folla esplode.

Se per un attimo smettete di cantare e osservate, noterete due cose. Da un lato, gente di ogni età che canta a squarciagola le parole che scorrono sullo schermo, in faccia al vicino più prossimo. Dall’altro, un istinto diffuso in tutti - ventenni, coppie prossime al venticinquesimo anniversario di matrimonio, gruppetti di amiche chiuse a cerchio - che, come compagni di vecchi ricordi, si scambiano aneddoti legati a quella canzone precisa, a quel momento condiviso. Che sia Olly o Heather Parisi, i Queen o The Kolors, non importa: canuti e sbarbati, insieme, urlano le stesse parole ricordando biografie personali.

La catarsi è tangibile: la si legge nelle camicie madide delle signore di mezza età e nei bicchieri colmi dei ragazzi in piazza Alberti. La nostalgia individuale si trasforma in coro collettivo, un’onda che si infrange contro lo schermo dove scorrono le parole. Parole semplici, cadenzate, essenziali. T’appartengo, di Ambra Angiolini, ne è l’esempio perfetto.

E Ariele, tra un sorriso e una battuta, ci lascia la sua regola aurea, pronunciata come un manifesto generazionale:

«Ricordate: si canta e si balla meglio sulla musica brutta».